La doppia vita di Madeleine Collins: la spiegazione del finale del film

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La doppia vita di Madeleine Collins (qui la nostra recensione) è un film del 2021 diretto da Antoine Barraud che si muove tra dramma psicologico e thriller intimo, costruendo una narrazione tesa e avvolgente attorno a una donna divisa tra due esistenze parallele. La protagonista, interpretata da Virginie Efira, conduce una vita apparentemente normale, ma nasconde un segreto che lentamente si riflette sulle sue relazioni e sulla sua identità. Il film si distingue per il modo in cui intreccia suspense e introspezione, portando lo spettatore in un viaggio emotivo che si addentra nel cuore della menzogna e del desiderio.

Il genere a cui appartiene è quello del dramma psicologico con sfumature da thriller, un terreno in cui il cinema francese ha saputo muoversi con grande efficacia. Barraud, attraverso una regia sobria ma incisiva, ricorda atmosfere tipiche del cinema di autori come Claude Chabrol o François Ozon, ma anche di film internazionali che esplorano la costruzione e la dissoluzione dell’identità, come Gone Girl di David Fincher. La tensione non nasce da scene d’azione, ma dall’ambiguità del quotidiano, dalle scelte che la protagonista compie e dalle conseguenze inevitabili che ne derivano.

Temi come la doppiezza, la fragilità dei legami familiari, l’inganno e la ricerca di sé sono al centro di una trama che mette in discussione l’idea stessa di verità e di autenticità. La doppia vita di Madeleine Collins non è solo il ritratto di una donna divisa tra due mondi, ma una riflessione universale sulla difficoltà di conciliare desideri personali e responsabilità verso gli altri. Nel resto dell’articolo, ci concentreremo sul finale del film, analizzandone il significato e cercando di spiegare quali risposte – e quali nuove domande – lascia nello spettatore.

Virginie Efira in La doppia vita di Madeleine Collins
Virginie Efira in La doppia vita di Madeleine Collins

La trama di La doppia vita di Madeleine Collins

Il film racconta la storia di Judith (Virginie Efira), una donna che conduce una doppia vita: in Svizzera è la compagna di Abdel (Quim Gutiérrez), da cui ha avuto una figlia; in Francia, invece, vive con Melvil (Bruno Salomone), con cui ha avuto due figli. Questo precario equilibrio che Judith mantiene in piedi, grazie a bugie e segreti, inizierà a sgretolarsi pericolosamente, rischiando di mandare in frantumi entrambe le sue vite. Trovandosi all’angolo e apparentemente senza vie di uscita, la donna decide di darsi alla fuga, finendo in una spirale vertiginosa da cui è impossibile tornare indietro.

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto del film, il fragile equilibrio che Judith era riuscita a mantenere tra le sue due vite si sgretola in modo definitivo. I sospetti dei figli e l’imprevisto incontro con i genitori di Abdel spingono la protagonista in una spirale di tensione sempre più incontrollabile. La fuga improvvisa in auto, l’arresto e la scoperta della sua falsa identità da parte della polizia segnano un punto di non ritorno: Judith è costretta a confrontarsi con il peso delle sue menzogne, mentre emerge chiaramente la verità sulla morte della sorella Margot e sulla scelta di appropriarsi della sua identità per crescere la piccola Ninon.

Da quel momento, la vita di Judith va in pezzi. Perde il lavoro, decide di separarsi dal marito Melvil e affronta lo scontro più doloroso: quello con Abdel e con Ninon, la bambina che l’ha sempre creduta sua madre. La discussione violenta con Abdel e il rifiuto di Ninon, che inizia a ripetere che lei non è la sua vera madre, rappresentano la definitiva caduta del suo doppio inganno. Judith, spezzata, confessa la verità e riporta la bambina da Abdel, prima di allontanarsi per sempre. L’ultimo atto la vede ricevere da Kurt una nuova identità: quella di Madeleine Collins, segno che la fuga e la reinvenzione di sé sembrano per lei l’unica via possibile.

Virginie Efira e Quim Gutiérrez in La doppia vita di Madeleine Collins
Virginie Efira e Quim Gutiérrez in La doppia vita di Madeleine Collins

Il finale, in questo senso, lascia lo spettatore sospeso tra realtà e illusione. Judith, che ha vissuto divisa tra due vite, sceglie ancora una volta di cancellarsi e di rinascere sotto un nuovo nome. È un epilogo che non offre catarsi né redenzione: piuttosto, sottolinea il carattere irrisolto e tragico della protagonista, incapace di affrontare le conseguenze delle proprie scelte se non inventando un’ennesima maschera. La trasformazione in Madeleine Collins non appare come una liberazione, ma come l’ennesima fuga da se stessa.

Allo stesso tempo, il film apre la porta a interpretazioni più simboliche. Alcuni spettatori hanno letto l’ultima scena come la rappresentazione di un ciclo senza fine, dove l’identità diventa un abito da indossare e da cambiare secondo necessità, ma mai da abitare davvero. Judith diventa così una figura emblematica della società contemporanea, dove il desiderio di essere “tutto” – madre, moglie, amante, professionista – rischia di tradursi in una perdita totale di sé. La sua metamorfosi finale non è tanto una scelta consapevole, quanto l’espressione della sua incapacità di trovare un nucleo autentico.

La doppia vita di Madeleine Collins, nel suo epilogo, ci lascia con un messaggio amaro: la verità, per quanto dolorosa, è l’unico terreno su cui costruire relazioni autentiche. L’inganno, anche quando nasce dall’amore o dal desiderio di proteggere, non può che condurre alla frattura e alla solitudine. Antoine Barraud firma un film che non cerca facili risposte ma che, con il suo finale enigmatico e disturbante, invita lo spettatore a riflettere sulla fragilità dell’identità e sul prezzo delle menzogne che scegliamo di raccontare a noi stessi e agli altri.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.
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