L’Uomo d’Acciaio: la spiegazione del finale alternativo del film

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L’Uomo d’Acciaio (qui la recensione) rappresenta una rivisitazione radicale di Superman rispetto alle incarnazioni classiche del personaggio, in particolare quelle luminose e ottimistiche legate al cinema di Richard Donner e alla figura iconica di Christopher Reeve. Zack Snyder sceglie un tono più cupo, realistico e drammatico, cercando di raccontare un Superman moderno: un alieno costretto a vivere tra esseri umani che lo temono, in un mondo segnato da paura, geopolitica e diffidenza. Il film mette al centro il conflitto identitario, trasformando Clark Kent in un uomo che deve scegliere chi essere, e non solo un eroe che difende la Terra.

Questa reinterpretazione portò a molte novità apprezzate, come la rappresentazione di Krypton e la sua estetica sci-fi, il ruolo più complesso dei genitori adottivi, e la costruzione di un Superman tormentato, vulnerabile e costretto a confrontarsi con il peso delle proprie responsabilità. Tuttavia, alcune scelte divisero il pubblico e la critica: l’eccesso di distruzione, l’atmosfera troppo cupa e la figura di un eroe meno luminoso rispetto alla tradizione fumettistica. La decisione più controversa fu quella finale: Superman che spezza il collo a Zod, uccidendolo.

Quel gesto, mai visto prima nelle trasposizioni cinematografiche di Superman, cambiò per molti l’essenza del personaggio, solitamente simbolo di speranza, controllo morale e incorruttibilità. Alcuni lo interpretarono come un punto di crescita drammatica, altri come un tradimento dell’icona. Per questo motivo, nel resto di questo articolo verrà proposto un approfondimento sul “finale alternativo” inizialmente considerato dagli autori: un epilogo in cui Superman non uccide Zod. Analizzeremo come questa scelta avrebbe modificato la narrazione, l’evoluzione psicologica del protagonista e il significato complessivo del film.

L'uomo d'acciaio film

Il finale alternativo di L’Uomo d’Acciaio: le parole di David S. Goyer

Come già detto, il finale di L’Uomo d’Acciaio potrebbe passare alla storia come uno dei finali più controversi dei film tratti dai fumetti. Tuttavia, la famigerata battaglia tra Superman e Zod nel finale avrebbe potuto prendere una direzione diversa, come rivelato dallo sceneggiatore David S. Goyer, il quale ha però difeso la conclusione poi scelta, spiegando: “Capisco perfettamente che molte persone abbiano avuto dei problemi con questo finale. Quando ho contribuito all’adattamento di queste cose, volevo essere il più rispettoso possibile del materiale originale”. “

Ma non è possibile proteggersi dal fallimento. Bisogna osare. E osare comporta grandi ricompense”. Ma il team ha rischiato di non osare, ha detto Goyer, rivelando che il team aveva preso in considerazione un finale alternativo per L’Uomo d’Acciaio che non avrebbe visto Superman uccidere Zod: “L’idea era che Superman avrebbe… c’era una di quelle capsule criogeniche sulla nave che finisce per diventare la Fortezza della Solitudine, nella quale avrebbe potuto rimettere Zod e poi lanciarlo nello spazio”.

“Ne abbiamo discusso e forse alcune persone sarebbero state più contente di questo finale, ma ci sembrava una scappatoia per la storia che stavamo raccontando”. Quel finale non avrebbe certamente suscitato la reazione e le critiche che ha ricevuto il finale di L’Uomo d’Acciaio, e sarebbe stato più in linea con le rappresentazioni tradizionali di Superman come supereroe non letale. Ma Goyer e i realizzatori del film erano determinati a mantenere il loro approccio realistico a Superman, con un finale che avrebbe messo Superman in una posizione etica difficile, e con nessuna scelta se non quella di uccidere il suo avversario.

Stavamo cercando di… se si segue la storia dall’inizio alla fine, in termini di emergere di questo personaggio, della sua maturità e della piena comprensione del tipo di potere che ha, e quando combattono il tipo di devastazione che ne deriva. Non è una lotta frivola, è quasi come l’11 settembre quando combattono. Stavamo cercando di creare una situazione di stallo in cui lui non potesse… C’era stata una decisione editoriale nei fumetti secondo cui Superman non uccide, era una regola, ma è una regola imposta a un mondo immaginario. Quando stai scrivendo per la televisione o per un film, non puoi appoggiarti a una stampella, a una norma che trova la sua ragion d’essere al di fuori dell’esigenza narrativa”.

Michael Shannon Generale Zod

 

“Nel nostro caso, la situazione era questa: Zod non avrebbe smesso di uccidere degli innocenti finché uno fra lui o Kal-el non fosse morto. La realtà dei fatti è che nessuna prigione sulla Terra avrebbe potuto tenerlo bloccato, il nostro Superman non poteva volare sulla Luna e non volevamo neanche usare una scappatoia come questa. Inoltre, la nostra opera è da intendersi come un “Superman Begins”. Clark non è Superman fino alla fine del lungometraggio. Volevamo che lui avesse sulle proprie spalle il peso dell’aver ucciso qualcuno, in modo tale da poter trasportare ciò anche nel secondo film. Dato che lui è Superman e le persone lo idolatrano, adesso deve ancorarsi a uno standard molto elevato.

Come il finale alternativo avrebbe cambiato il film

L’ipotesi di un finale in cui Superman imprigiona Zod in una capsula criogenica avrebbe radicalmente cambiato la percezione del protagonista e dell’intero film. Avrebbe mantenuto intatta la tradizione dell’eroe non letale, rafforzando l’idea di un Superman moralmente incorruttibile, capace di trovare sempre una soluzione alternativa alla violenza definitiva. La narrazione ne sarebbe uscita più rassicurante, più vicina al mito classico e alla figura del salvatore perfetto, riducendo la componente realistica e tragica che invece caratterizza il finale ufficiale scelto da Snyder e Goyer.

La versione canonica, invece, trasforma la morte di Zod in un punto di trauma e maturazione, segnando l’inizio della consapevolezza del potere e del peso morale che comporta. Un finale alternativo avrebbe invece evitato questa frattura psicologica, privando Superman della colpa e del tormento che lo umanizzano e che giustificano il suo bisogno di controllare sé stesso. Di conseguenza, il film avrebbe trasmesso un messaggio più semplice, meno drammatico, minando l’idea di un supereroe costretto a confrontarsi con le conseguenze reali delle proprie azioni.

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Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.
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