Adesso vinco io – Marcello Lippi: intervista a Simone Paragnani e Paolo Geremei, registi del documentario

Il documentario sportivo è stato scelto come film d'apertura della sezione DOC del Sudestival 2024 presentato il 1° febbraio a Monopoli.

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L’Italia lo ricorda principalmente come il condottiero che ha portato la nostra nazionale sul tetto del mondo nel 2006, i tifosi juventini come l’uomo che ha indirizzato la loro squadra del cuore su binari vincenti dopo anni di purgatorio, il mondo del calcio lo celebra ancora oggi come uno degli allenatori più vincenti della storia di questo sport.

Simone Paragnani e Paolo Geremei lo raccontano nel documentario Adesso vinco io – Marcello Lippi, presentato al Festival di Torino e scelto come film d’apertura della sezione DOC del Sudestival 2024 presentato il 1° febbraio a Monopoli. Abbiamo raggiunto telefonicamente i due registi che ci hanno raccontato la genesi del film e la collaborazione con Lippi, i suoi ex atleti e la famiglia.

Dopo Torino, Adesso vinco io – Marcello Lippi viene presentato al Sudestival. Che importanza ha il circuito dei festival per promuovere e portare avanti questi progetti? 

Paragnani: I festival sono essenziali. Il consumo cinematografico sta cambiando, lo abbiamo visto con il film di Paola Cortellesi (C’è ancora domani). Non era un film pensato per un grande pubblico, ma per un pubblico raffinato, un cinema d’autore per cui chi l’ha fatto si aspettava molto meno in termini di incassi. Invece sta cambiando qualcosa. Questo grazie anche al proliferare dei festival e di occasioni per mostrare un cinema diverso, che offre sguardi laterali. Il pubblico cinematografico è diventato un po’ più raffinato, forse il pubblico popolare trova più interesse nelle piattaforme. Essere stati al festival di Torino ci ha dato visibilità e siamo felici di essere qui al Sudestival e di essere nella selezione dei Nastri d’Argento, il film è stato visto, quindi trovo essenziale che ci siano queste occasioni, soprattutto sul territorio.

Geremei: I festival, grandi o piccoli che siano, sono fondamentali. Molti documentari hanno una vita televisiva, ma il confronto diretto con la sala può essere brusco. Invece i festival sono una cartina di tornasole, ai festival si respira un calore, una sincerità, è un’occasione di confronto che è raro trovare in altre circostanze. Poi un prodotto festivaliero è considerato sempre un progetto d’autore, che magari farà pochi soldi, invece molte volte anche i film che vengono presentati ai festival accolgono il favore del pubblico, indipendentemente da quello che raccontano. La chiave forse è proprio confrontarsi con un pubblico vario.

Come mai si è deciso di raccontare Marcello Lippi?

Paragnani: Marcello è una persona straordinaria, appartiene a quel tipo di persone che hanno l’X Factor, ha il superpotere del carisma. La cosa incredibile è che lui da calciatore non ha vinto nulla, ma da allenatore si è trasformato in questa macchina inesorabile di vittorie, pur avendo a che fare con grandissimi campioni e grandi personalità e li ha convinti tutti. È una personalità dominante, e noi abbiamo cercato di raccontare questo maestro del calcio, e attraverso il calcio, siamo arrivati a raccontare anche il suo privato.

Geremei: Umberto Cartoni e Francesco Palazzi, insieme allo stesso Simone, tutti e tre produttori, hanno espresso la volontà di raccontare la storia umana e sportiva di questo personaggio così carismatico. Ed è incredibile che questa storia non sia stata raccontata prima, abbiamo colmato una grande lacuna.

Adesso vinco io – Marcello Lippi racconta il pubblico e il privato dell’allenatore, del padre, del marito, dell’amico. Quale aspetto è stato più complicato mettere su pellicola?

Paragnani: Quarto Potere racconta la ricostruzione quasi documentaria della storia di Charles Foster Kane. Il personaggio di Joseph Cotten, Jedediah Leland, un giornalista, indaga sul mistero della grandezza di quest’uomo. Alla fine del film non risolve il mistero, ha sempre fatto le giuste domande ma non ha trovato le risposte che cercava. Ha chiesto cosa fosse questa ‘Rosebud’, ma a lui non viene svelato quel mistero, allo spettatore invece sì. Questo per dire che in realtà entrambi gli aspetti, quello pubblico e quello privato, sono difficili da raccontare, ma il documentarista deve esercitare la maieutica ed essere presente per raccogliere quello che viene raccontato. Ad esempio Davide Lippi, il figlio di Marcello, si è molto aperto nel film, ha detto delle cose che non erano mai state dette, la sua esplosione emotiva è autentica. Allo stesso modo, Marcello non è uno che parla tanto, spingeva e guidava gli eventi senza spiegare e infatti il figlio ha capito dopo quello che il padre ha fatto per lui.

Geremei: Nessuno dei due aspetti, anche se io come autore e regista ho un certo interesse nel raccontare le vicende umane nel loro intimo. Non ho provato grande difficoltà perché mi sono trovato in una situazione propizia. Davide, il figlio, era in una disposizione d’animo favorevole, voleva raccontare quelle cose del loro privato che non erano mai state dette. Abbiamo aperto un cassetto che conteneva delle cose che non vedevano l’ora di mostrarsi, nonostante la sofferenza passata e presente per certe scelte che sono state fatte. Sarebbe stato un problema se invece Davide non fosse stato così tanto disposto, se Marcello stesso fosse stato chiuso. Invece abbiamo trovato apertura e schiettezza. Il bello del documentario è anche questo: ti trovi a confrontarti con delle situazioni che non sono previste in scrittura ma che, se si verificano, diventano un vantaggio per tutti, per il soggetto intervistato ma soprattutto sono a vantaggio del film. L’unica difficoltà è stata quella di cercare di capire dove far pendere l’ago e riuscire a farsi raccontare le sconfitte. È un aspetto che a me interessa molto, ma Marcello non è un personaggio che ama raccontare le sue sconfitte, ma non gli va neanche troppo di rivangane le vittorie, è uno che ragiona molto poco con i ‘se’ e con i ‘ma’.

Com’è stato lavorare con Lippi per la realizzazione di Adesso vinco io – Marcello Lippi?

Paragnani: È stato complicato. Marcello è una persona affascinante per qualsiasi interlocutore, poi è proprio bello, non riesci a non subire il suo fascino, ma è comunque una persona che è abituata a comandare, può decidere in autonomia se parlare o meno di qualcosa. Può dire anche ‘no, questo non voglio dirlo’. Io e Paolo ci siamo avvicinati con grande rispetto e curiosità alla sua storia umana.

Geremei: Marcello non ha cercato di dare una direzione al documentario, semplicemente quando non voleva rispondere chiedeva di andare avanti e passare ad un altro argomento, faceva capire con grande serenità che non era disposto. Ma per il 95% delle nostre richieste o domande abbiamo avuto disponibilità totale, dalla famiglia, alle partite, agli schemi che utilizzava, ci ha risposto con partecipazione e disponibilità. È stato un lungo viaggio. Tutti gli atleti coinvolti sono stati molto generosi, ognuno aveva piacere a dire la sua sull’uomo, non solo sull’allenatore, e non è frequente trovare atleti che dopo 25 o 30 anni sono così affezionati al proprio allenatore.

Adesso vinco io – Marcello Lippi racconta una vicenda emozionante, anche per chi non tifa le squadre che vengono raccontate nel film, anche per chi non segue affatto il calcio. Perché la storie sportive sono sempre emozionanti?

Paragnani: Penso che lo sport ci coinvolge perché ci affezioniamo alla storia personale. A me non piace la boxe, ma in film Toro Scatenato o Rocky mi faccio coinvolgere dalla storia personale di Balboa o Marciano. Lo sport, drammaturgicamente, ha un andamento cinematografico. Ci sono delle tappe obbligate nella struttura del film sportivo che sono capaci di coinvolgere. A me piacerebbe tantissimo che questo documentario facesse nascere la voglia di fare un film su Marcello Lippi. Lancio un appello, il film è pronto, bisogna trovare solo qualcuno abbastanza bello da interpretare Marcello.

Geremei: E’ vero che lo sport è metafora della vita, nella sua difficoltà, per le sconfitte, i sacrifici, le vittorie. È tutto vero, per quanto a volte questo concetto sia banalizzato. Ma un film sportivo ripercorre una carriera apparentemente già strutturata che in realtà è imprevedibile, esattamente come la vita. Si ripercorrono gli alti e bassi, i momenti, le sliding doors, perché replica un percorso che è come quello della vita e poi perché spesso sono storie aspirazionali, sono storie che vengono condizionate dalla volontà, dalla determinazione, la fortuna non esiste nei film sportivi. Sono storie che raccontano questa determinazione.

Presentato in apertura nella sezione DOC del Sudestival 2024 il 1° febbraio a Monopoli, Adesso vinco io – Marcello Lippi arriva al cinema dal 26 al 28 febbraio.

Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
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