Dopo la proiezione del film Tomboy la talentuosa
Céline Sciamma si è concessa al suo pubblico che altro non
desiderava se non soddisfare alcuni interrogativi legati all’opera
appena vista. La prima domanda volta alla regista riguardava
eventuali prove fatte prima di girare con i piccoli
interpreti.
“In realtà – spiega la Sciamma – non ci sono state delle prove perché il film è stato realizzato molto rapidamente. L’abbiamo girato in 20 giorni e non c’era tempo materiale per una lunga preparazione. Lavorare con i bambini è estremamente complicato ed è necessario scendere a compromessi: da una parte bisogna tenere presente che sono degli attori quindi la disciplina e la concentrazione non devono mai mancare, dall’altra però bisogna rendere tutto questo un grande gioco creando un’atmosfera ludica dove i bambini possano esprimersi in piena naturalezza”.
Quello che più preoccupava la giovane regista erano i casting. Ammette di aver voluto scegliere i suoi piccoli interpreti per le strade senza passare attraverso la “via ufficiale” del classico provino, voleva sorprenderli nella loro quotidianità. Purtroppo il tempo è stato tiranno e la Sciamma non ha potuto soddisfare il suo desiderio e alla fine si è rivolta a un’agenzia.
“Il ruolo di Laure era quello che più ci preoccupava poiché rappresentava una sfida molto ardua – sostiene la regista – inoltre, avevamo pochissimo tempo per i provini e solo tre settimane per ottenere il permesso di girare con dei bambini durante l’estate. Comunque siamo stati fortunati perché abbiamo incontrato Zoé Héran (Laure) il primo giorno di provini e ha avuto subito la parte”.
Céline racconta che la piccola Zoé aveva tutto quello che stavano cercando: una profonda emotività e un viso molto fotogenico. Il resto del casting l’ha fatto in funzione della protagonista, infatti per il personaggio di Jeanne, la sorellina di Laure, è stata scelta la piccola Malonn Lévana per l’immediata alchimia che si è creata tra le due interpreti.
In seguito la Sciamma ha tenuto a precisare che ha voluto raccontare una storia nuova e originale, voleva rappresentare sullo schermo qualcosa di poco narrato. Il suo scopo era sviluppare il tema dell’identità e della crescita come una continua e affascinante avventura di cui i bambini sono i veri “eroi”.
In conclusione la giovane regista francese afferma: “Questo film è un ponte tra due forti tradizioni cinematografiche: da una parte quella francese con il suo sguardo tenero e delicato verso l’infanzia dall’altra quella anglosassone caratterizzata da un profondo estetismo. Il mio lavoro si presenta come l’incontro tra queste due differenti tradizioni”.