In occasione dell’uscita nelle sale italiane de Il cacciatore e la regina di ghiaccio – sequel/spin-off del fortunato Biancaneve e il cacciatore del 2012 – prevista per il 6 aprile 2016, la splendida attrice di origini sudafricane Charlize Theron ha avuto modo di incontrare a Milano la stampa, concedendosi per altro un ritorno a quel capoluogo lombardo che la vide esplodere in tutta la sua bellezza alle origini della propria carriera di modella e attrice di spot televisivi (celeberrimo e contestatissimo il fondoschiena mostrato per Martini) nei primi anni ’90.

 

Charlize Theron MilanoDopo essersi generosamente concessa ai flash dei fotografi per ben oltre il tempo normalmente stabilito, l’attrice è stata subito messa dinnanzi al fatto di aver dovuto interpretare per ben due volte il ruolo della perfida regina Ravenna, dando corpo a uno dei personaggi più oscuri e al contempo affascinanti del proprio baglio recitativo. Alla domanda riguardo a quali siano le qualità e gli elementi che le hanno permesso di affrontare questo e altri ruoli di medesimo spessore, la Theron ha confidato come proprio questi ingaggi le diano la possibilità di poter indagare e approfondire tutti i differenti confini della realtà, godendosi appieno l’esplorazione di universi tra loro anche molto differenti, a volte concreti e a volte totalmente fantastici come il reame di Biancaneve. Malgrado confessi come tale esperienza sia stata alquanto eccitante, afferma che sarà comunque l’ultima volta in cui vestirà i panni della regina cattiva o di un qualunque altro personaggio per più di due volte.

Leggendo in diretta dalla piattaforma social il tweet di un ammiratore che le domanda dove risieda il divertimento nell’interpretare un personaggio così iconico ma al contempo tanto rischioso, l’attrice replica come, fin dal precedente episodio, fosse ben consapevole dell’aura di iconicità che gravita attorno alla figura della regina cattiva, tanto da aver compiuto essa stessa un’approfondita ricerca per stimolare la caratterizzazione della parte. Scontrandosi però sempre e comunque con una descrizione “classica” della brutta e perfida matrigna, la sua intenzione questa volta è stata quella di modernizzare l’intero apparato del personaggio, e, in accordo con il regista Cedric Nicolas-Troyan e la costumista Coleen Atwood, si è deciso di optare per una visione più “zingaresca” e iniettata di novità, in modo da rendere contemporaneo – e dunque nuovamente appetibile per un pubblico moderno –  un personaggio ormai consolidato nell’immaginario collettivo. Il passo successivo, proprio con questo secondo film, è stato quello di lasciare un poco da parte l’ingombro che il personaggio aveva assunto nel capitolo precedente e di approfondire maggiormente il rapporto con la sorella Freya (la regina di ghiaccio interpretata da Emily Blunt N.d.r).

il cacciatore a la regina di ghiaccio ravenna

La successiva domanda dei giornalisti si concentra sul valore della favola che il film porta al suo interno, poiché, malgrado si tratti di un prodotto d’intrattenimento, è forse possibile ritrovare molti punti di contatto con l’attualità, come ad esempio l’accostamento fra le truppe di giovanissimi “reclutate” da Freya dopo indicibili massacri e la sconvolgente condizione dei bambini-soldato. E proprio la Theron, memore del proprio impegno come ambasciatrice dei diritti umani in Africa, risponde più che affermativamente, ricordando come tutte le favole, in realtà, non siano altro che racconti moraleggianti rivolti troppo spesso solo ai bambini, ma che in verità mantengono inalterato il proprio valore di insegnamento etico in tutte le epoche, tanto che oggi ne facciamo film rivolti anche a un pubblico adulto. Ogni fiaba possiede in qualche modo un legame più o meno diretto con i miti classici, miti che valgono ancora (e soprattutto) nella contemporaneità. La stessa attrice confessa poi che, leggendo ogni sera una fiaba ai propri figli, arriva solo oggi a comprenderne il significato profondo, un significato che va ben oltre la superficie di conflitto fra bene e male e che riguarda un mondo come quello attuale nel quale, in sostanza, gli uomini non sono poi troppo cambiati dall’epoca di Biancaneve, poiché sono sempre crudeli e assetati di potere come lo è Ravenna.

La conferenza prosegue spostando l’attenzione su come che proprio l’attrice sudafricana ci abbia abituati recentemente a figure di donne bellicose e in perenne conflitto con l’universo maschile, ruoli nei quali forse potrebbe sentirsi ormai troppo ingabbiata. «Non credo di sentirmi rinchiusa in questi cliché, poiché non faccio altro che mettere in scena la vita così com’è. Le donne oggi dimostrano di aver acquistato sempre più potere, ma forse proprio il cinema risulta ancora poco sensibile aggiornato riguardo a questa condizione. Ci vogliono molti più ruoli femminili “risoluti”, e personalmente rimango alquanto perplessa quando mi domandano se io di carattere sia una donna tranquilla o appunto “risoluta” come i miei personaggi. Odio quando le donne vengono inserite in un casellario che rimanda solo o alla figura di buona madre o a quello più antico di prostituta».

Interpellata direttamente sulla raffinatezza e la natura estremamente elaborata dei magnifici costumi di scena, la Theron non ha perso occasione per elogiare il fantastico lavoro svolto da Colleen Atwood ma anche di mettere in evidenza, scherzosamente, la puntigliosità della costumista tre volte premio Oscar, rimembrando con un certo affanno la pesantezza dell’abbigliamento e le difficoltà riscontrate assieme alla collega Blunt nel compiere movimenti complessi con indosso vestimenti tanto massicci e preziosi. Tuttavia, differentemente dalle prove in tuta e scarpe da ginnastica, l’indossare il proprio costume durante le riprese è stato essenziale per vestire a tutti gli effetti la “pelle” del personaggio.

Inevitabilmente la stampa non ha poi potuto trattenersi nel mettere a confronto la performance dimostrata dalla Theron nelle vesti della gelida Ravenna con la grinta selvaggia del recente personaggio di Furiosa appartenente all’universo post apocalittico di Mad Max – Fury Road, riscontrando per altro una certa influenza proveniente da quella Ripley di Alien che permise a Sigourney Weaver di divenire la madrina delle femmine agguerrite 2.0.   «Ravenna e Furiosa sembrano in apparenza simili, poiché tutte e due devono in qualche modo combattere contro il mondo per sopravvivere, ma lo fanno in due contesti e in due modi del tutto differenti. Malgrado siano entrambe delle imperatrici, la prima regna su un reame di abbondanza, la seconda invece troneggia in un mondo post-apocalittico». Riguardo alla filiazione con Reaply, la Theron confessa di essersi ovviamente rifatta a questo immancabile personaggio primordiale di “dura” al femminile, ma in realtà afferma di essere affascinata da tutte le donne che compaiono – e che sono comparse – sul grande schermo, portando ciascuna il proprio contributo personale in racconti anche molto diversi tra loro.

Una domanda provocatoria cerca poi di stuzzicare l’attrice circa il mondo dei supereroi e dei cinecomics, provando a sondare la sua eventuale disponibilità a interpretare un qualche ruolo da “buona” o “cattiva” in una futura pellicola del genere. Senza nascondere un più che naturale divertimento nell’essere stata “punzecchiata” a tal proposito, la Theron afferma in tutta sincerità di non pesare mai a ruoli potenziali, ma di essere attratta più che altro dai cineasti e dalla loro poetica, indipendentemente dalle storie da raccontare o da chi sia il buono e il cattivo. Ciò che le fa più paura nel momento di accettare un nuovo ruolo è invece la sua capacità di riuscire a esprimere appieno la verità insita nel personaggio, perciò pensare esclusivamente nell’ottica ristretta della categoria di “supereroe” è  fin troppo riduttivo; bisogna andare oltre la corazza e vedere cosa c’è dietro la maschera o sotto il mantello.

Riguardo alla domanda circa la possibile paura alla base delle motivazioni che muovono il terribile comportamento di Ravenna, l’attrice fa notare come spesso la bruttezza sia un circolo vizioso, poiché quando vediamo persone che agiscono in maniera “brutta” le consideriamo esse stesse con un canone di bruttezza, senza sapere in realtà che ci sono moltissime motivazioni che spingono verso tali condizioni, e una di queste è appunto la paura. Lo specchio della favola in cui Ravenna si riflette è forse la più grande delle metafore in tal senso, poiché esso mette letteralmente a nudo quello che noi siamo e dunque fa emergere la paura di non essere all’altezza con quanto gli altri pensano di noi. Lo specchio è il vero uomo nero, tanto che durante le riprese la stessa Theron ha confessato di sentirsi alquanto irrigidita e intimorita dal dover intraprendere una prestazione di questo tipo, di doversi letteralmente “mettere allo specchio” come attrice e come donna.

Charlize Theron Milano
Cortesia di Universal Pictures Italia

Infine, come ultimo quesito, la stampa cerca di capire assieme all’attrice per quale motivo di recente si vedono sempre meno principi azzurri nelle favole e nei film che ci vengono proposti. È forse una scelta intenzionale dell’industria o è una pura casualità fisiologica dovuta all’adattamento ai tempi? «Sono assolutamente convinta che essere femministe non voglia dire odiare tutto ciò che è maschile, ma significa piuttosto rivendicare rispetto, eguaglianza e onestà nella rappresentazione della donna, anche e soprattutto sullo schermo. Io penso che una carta vincente per riuscire in futuro a raggiungere la piena parità e armonia fra uomini e donne risieda non solo nel continuo rapporto con l’universo maschile – al quale dobbiamo domandare di aiutarci in questa battaglia – ma anche nell’educazione degli uomini di domani. I giovani devono apprendere il valore dell’amore a trecentosessanta grandi, in tutte le sue forme, così quando vedo mio figlio maschio che si emoziona per i sentimenti profondi che legano due sorelle in Frozen, sono contenta e fiduciosa. Ci deve essere nell’arte un equilibrio fra questi due ruoli, dunque oserei dire, oggi soprattutto, è importante che ci siano storie senza principi azzurri».

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