Il regista Brad Anderson è arrivato a Roma per parlare del suo ultimo film Stonehearts Asylum , presentato nella categoria Mondo Genere al Festival di Roma 2014. Non solo stampa, domani il regista de L’Uomo senza sonno e Session 9 incontrerà il pubblico.
Stonehearts Asylum è ispirato liberamente da una racconto breve di Edgar Allan Poe, come mai la scelta di questa novella poco conosciuta? “Il racconto si intitola Il Sistema del Dottor Catrame e del Professor Piuma, e lo sceneggiatore Joe Gangemi aveva scritto questo copione circa 15 anni fa ed è da allora che cerca di portare alla luce questo progetto. Diversi registi si sono dimostrati interessati e anche diversi attori, come Johnny Depp e Natalie Portman in una certa fase del progetto erano stati coinvolti come protagonisti ma ogni volta non se ne faceva nulla. Ho deciso quindi di farlo io perchè appena ho letto la sceneggiatura me ne sono immediatamente innamorato, sia dei personaggi che della storia d’amore in se, oltre che delle diverse chiavi di lettura che si potevano applicare. C’erano già diversi di film basati su storie di Poe ma erano cose datate anni ’60 e ’70, come i film di Vincent Price. Quindi ho pensato che questo era il giusto mondo per far tornare a splendere l’intelligenza dei racconti di Poe e, per presentarlo ad un pubblico più ampio, ho preferito scegliere questo racconto poco conosciuto, piuttosto che magari Il Corvo. E’ stato un lungo processo di realizzazione del film, ma una volta che mi sono unito al progetto e abbiamo scritturato questo fantastico cast, sono arrivati i finanziamenti.”

Non è la prima volta che inscena un suo film in un manicomio, era già successo in Session 9, quali sono le differenze? “Abbiamo portato gli elementi che più ci piacevano della storia di Poe, come il tono della storia e la trama con il suo colpo di scena più significativo, ma poi è stata opera di Joe Gangemi di inserire e creare personaggi ed elementi che più lo affascinavano. Quando stavamo finendo di preparare il film ed eravamo pronti a girare io e Joe abbiamo cercato di accentuare ancora di più la sensibilità di Poe nel film. Invece Session 9, il mio altro film ambientato in un manicomio, era chiaramente una storia più indirizzata verso l’horror, mentre questa secondo me è più una storia d’amore. Ci sono certamente diversi elementi horror ma la cosa bella, che mi aveva affascinato anche solo alla lettura della sceneggiatura, era il finale inaspettato e che ti porta a chiedere ‘Cos’è veramente l’insanità mentale?‘.”
Il film è prodotto tra gli altri da Avi Lerner, storico produttore dei film di Stallone, come è stato lavorare con lui? “La Millenium Entertainement ha prodotto questo film e loro sono abituati a fare grandi film d’azione, con grandi budget e cast, come I Mercenari, mentre con questo film si sono un po’ staccati dal loro campo sicuro. Ho apprezzato molto il loro coinvolgimento perchè hanno investito in tempo e cura e attenzioni in questo film più piccolo, tanto quanto fanno con i grandi film che producono. Ma Avi e gli altri produttori sono stati molto collaborativi e abbiamo girato questo film in Bulgaria, dove hanno diversi sound stage e girano la maggior parte dei loro film. Allo stesso tempo è stata un po’ una sfida perché dovevamo ricreare un ambientazione vittoriana tipicamente inglese in un paesaggio post-sovietico. Quindi sia trovare le location che la giusta fotografia è stato un po’ complicato ma avevamo una grande produzione alle nostre spalle, quindi è filato tutto liscio.”

Brad Anderson, anche se è considerato un regista dei film dell’orrore, continua all’interno del suo cinema a cambiare di volta volta, non essere identificabile in nessuna categoria produttiva può essere un rischio? “Si, faccio film e scelgo storie e sceneggiature che in quel momento della mia vita mi interessano e affascinano e se l’idea di realizzarne un film mi entusiasma. Da regista non voglio ripetermi, mi piace avere nuove sfide, e raccontare sempre cose nuove, e nuove avventure in termini di realizzazione ed è questo che mi diverte come regista. E’ saggio dal punto di vista della mia carriera? Forse no, ma io voglio realizzare film che mi soddisfino creativamente perché passerò due anni della mia vita a farli e quindi devo essere appassionato del progetto, non lo faccio come passatempo. Ho iniziato, e ancora sono, un regista indipendente, quindi scelgo solo ciò che mi interessa. Ad esempio il mio nuovo progetto è una storia d’amore ambientata nel diciottesimo secolo in Perù su la prima donna che ha navigato il Rio delle Amazzoni, una storia d’amore storica che non assomiglia a nulla di ciò che ho fatto in precedenza, ma è basato su The Mapmaker’s Wife che è un libro che mi è piaciuto tantissimo ed è una avventura drammatica ed esotica secondo me molto divertente da girare. Ogni film è la mia piccola avventura.”
Oltre che film, si è cimentato anche nella regia di serie televisive prima che diventasse più comune tra i registi e gli attori di cinema passare alla televisione, cosa preferisce fare? “Sicuramente la direzione che sta prendendo la tv è affascinante, e per un regista è allettante riuscire ad esprimersi in 5-6 episodi piuttosto che in un film di due ore, come ad esempio con True Detective. E anche scegliendo certi network piuttosto che altri c’è più libertà creativa. Ma con i film si ha un esperienza visiva diversa, c’è un inizio e c’è una fine. Breaking Bad è fantastica, ma devi guardare non si sa quante stagioni per entrare in contatto veramente con la storia. E penso che non c’è nulla come l’esperienza di sedersi in un cinema, al buio, e avere questa drammatica esperienza completa dall’inizio alla fine, invece che guardare qualcosa a casa, con il telefono che squilla, i bambini che interrompono, insomma è più difficile immergersi veramente ed essere trasportati all’interno della storia secondo me.”
