Questo pomeriggio presso la Sala Petrassi dell’Auditorium del Parco della Musica, si è tenuta la conferenza stampa di Gods Behaving Badley, film Fuori concorso di Marc Turtletaub. In sala era presente il regista e il produttore Peter Saraf.
Una carriera di produttore molto
consolidata, sono curiosa di sapere in questo progetto cosa ti ha
incuriosito?
Marc Turtletaub: Avevo letto il libro di Marie
Phillips e avevo pensato di lavorare nella regia. Avevo
lavorato ad un corto metraggio qualche anno fa e mi è piaciuta
moltissimo l’esperienza e cercavo una bella storia con cui esordire
nel cinema. Ho letto le prime tre pagine del libro e ho detto è
questo.
Mi interessa il modo in
cui è cambiata la dinamica operativa tra voi due, dato che sono
anni che lavorate insieme in qualità di produttori.
M.T.: La dinamica tra noi due è cambiata poiché in quanto
regista devo ascoltare Peter un po’ di più, fa un lavoro
straordinario e da molti più anni di me, in quanto regista ho
potuto ascoltarlo in un modio che come co-produttore non sarebbe
stato lo stesso.
Peter è un film che ha molta
ambizione, ci sono state delle sfide particolari per portarlo sullo
schermo?
Peter Saraf: Certamente è un film ambizioso in termini di
dimensioni della storia, poiché si crea tutto un altro mondo.
Quindi Mark e io dovevamo creare un mondo realistico di New York e
contemporaneamente ci sono questi personaggi di dimensioni fuori
misura che vivono in questa realtà e in mezzo ai mortali. E poi
dovevamo creare quest’altro mondo complementare degli inferi, però
penso che la sfida più grande era da gestire questo cast enorme di
attori straordinari con tutte queste storie che si intrecciano.
Mark come primo film si è preso un progetto molto impegnativo.
Ti ha messo un po’ paura questa
storia? Infondo viene da un libro molto letto.
M.T.:
L’autrice del libro ha passato del tempo sul set mentre giravamo e
quando ha cominciato a vedere un po’ del girato mi ha detto “hai
catturato l’essenza del libro e la storia nel senso letterale”
è stato difficile gestire questo
cast stellare?
M.T.: Si è stato impegnativo in certi momenti in
particolare, quando abbiamo girato per sei giorni e notti di fila
in quanto molti di questi famosi attori erano impegnati solo per
una piccola parte della sera, magari dovevamo vederci alle tre del
mattino e chiedere a Sharon Stone di scendere sul set per un
ora, oppure chiederlo a Christopher Walken. Abbiamo cercato
di gestire la faccenda nel migliore dei modi possibili. Quello che
ho imparato è che con ogni attore ti devi rapportare in maniera
differente, devi dirigere ognuno in maniera differente. Per esempio
Christopher Walken deve avere tutte le sue battute pronte
con molte settimane di anticipo e nessuna variazione in maniera
tale che può fare tutte le sue prove, poi quando è sul set è
disposto a cambiare una parola o due. Mentre John Turturro e
Rosie Perez che hanno lavorato molto insieme, immediatamente
vengono sul set e cominciano ad improvvisare e se vuoi tirare il
meglio da loro ti devi levare di mezzo e lasciarli fare. Con ogni
attore devi trovare quella chiave.
Avendo lavorato anche nella
sceneggiatura avevi già in mente qualche attore?
M.T.: No non ne avevo qualcuno in particolare, quando ho
finito di scrivere Peter e io e la nostra direttrice del cast ci
siamo seduti e abbiamo cominciato a dire “chi sarebbero degli Dèi
contemporanei?” Ovviamente le stelle del cinema ma quelle “più
stelle di tutte” e quindi di una certa età, perché gli Dèi dovevano
essere un pochino invecchiati, la storia lo richiedeva, quindi Zeus
non poteva essere un ragazzo di 25anni, ma un signore un po’
invecchiato e da lì è nata l’idea di Christopher Walken, e
poi gli altri a seguire…e tutti mi hanno detto di si.
Mi chiedevo se è stato difficile
collocare delle figure mitologiche come gli Dèi a New York e nel
mondo contemporaneo? E lei come si è preparato?
M.T:
Nel libro vediamo che questi Dèi stanno diventando umani, per
questo non li abbiamo ripresi con qualcosa di sfavillante, o con
una luce particolare. Ho pensato di scriverli come persone
qualsiasi, che si comportano peggio delle persone normali. In cui
il morale della storia è che gli Dèi assomigliano ai mortali ed
imparano la lezione dai mortali, e di cose si ha bisogno l’uni
degli altri.
Attraverso questo staff si è
cercato di segnare un certo tipo di Hollywood e c’è qualche critica
allo star system?
M.T.: Un pensiero molto interessante, ma non era mia
intenzione io volevo fare più osservazioni sulla società, sui
difetti e manie, come l’avidità, l’egoismo, però esagerati e
caricati. Più che una critica a Hollywood è una critica all’intera
società. E questi personaggi fuori misura, potevano interpretarli
solo delle icone come loro.