Susanna Nicchiarelli: intervista alla regista di Miss Marx

Susanna Nicchiarelli
foto di Elisa Torsiello

Si affianca senza pedinare o intromettersi allo sguardo dei propri personaggi, la cinepresa di Susanna Nicchiarelli. È uno sguardo delicato, elegante, sensibile e rock il suo, capace di cogliere le mille e più sfumature che colorano l’anima dei propri protagonisti, muovendosi tra cadute nell’abisso dei sentimenti e slanci creativi, senza per questo cadere mai nel baratro del melodramma.

 

C’è una passione sviscerale per i propri racconti: come tanti figli, Susanna raccoglie queste storie da lei cullate, volute, nutrite, per portarle sullo schermo con talento e un pizzico di audacia. Da Cosmonauta a Miss Marxpresentato in concorso all’ultima Mostra del cinema di Venezia 2020 – la regista studia ogni piccolo dettaglio, segue con attenzione e dedizione le proprie creature cinematografiche. Si informa, apprende, fa ricerche, accoglie le esistenze dei suoi protagonisti assimilandole e facendole sue. Così è stato soprattutto per la figura di Eleanor Marx, donna capace di anticipare e superare i tempi, colta in un’esistenza in perpetuo bilico tra ragione e sentimento, portavoce di chi voce non ce l’ha e vittima del cuore. Una dualità senza tempo. eterna, perché noi tutti siamo stati almeno una volta nella vita Eleanor Marx, e che Susanna Nicchiarelli traduce in opera cinematografica supervisionando ogni piccolo particolare, dalla sceneggiatura, alla musica, dalla scelta della carta da parati richiamante l’arte impressionista e preraffaelita, fino al doppiaggio. È lei infatti che si è occupata dei provini ai doppiatori e all’adattamento dei dialoghi, così da non perdere, nella sua versione italiana, lo spirito e il cuore del suo film distribuito da 01 Distribution.

Ed è in occasione della presentazione di Miss Marx al cinema Arsenale di Pisa che abbiamo avuto modo di incontrare Susanna Nicchiarelli. Ciò che ne è scaturita è un’intervista in cui è papabile l’amore per il cinema da parte della regista e la sua volontà di narrare storie che superano i tempi attraverso figure sensibili, coraggiose e spinte da menti alacri.

 

Vorrei iniziare questa intervista con una domanda che potrebbe sembrare banale, ma che nel contesto di un anno come quello che stiamo vivendo finisce per assumere tutt’altro significato. Come è stato presentare Miss Marx alla Mostra del cinema di Venezia in un’annata così particolare?

Devo dire che Venezia è stata bellissima. Eravamo tutti attenti, ligi a seguire le regole previste. Certo, tutto si presentava in maniera così diversa, dalla misurazione della temperatura, all’uso della mascherina, senza parlare dei posti da occupare uno sì e l’altro no, ma c’è anche da dire che in Laguna non è successo niente. Eppure siamo stati lì dieci giorni, con persone che venivano da ogni parte d’Europa. Sembrava di essere dei resistenti che sono riusciti comunque a far del cinema. Da una parte la voglia di organizzare questo festival è dunque da interpretarsi come un atto di amore nei confronti del cinema, dall’altra è stata una vera dimostrazione di come la sala sia un posto sicuro, perché, credetemi, così è. Un po’ come i bambini che dopo mesi di distanza si ritrovano finalmente tutti insieme a scuola, è in situazioni come queste che comprendi l’importanza di certi momenti, e se vogliamo continuare a condividere un’esperienza come quella della sala, è altrettanto indispensabile stare attenti e seguire le regole. Perché andare al cinema, uscire, stare insieme è un qualcosa di connaturato all’essere umano, un’esigenza che dobbiamo e possiamo continuare a realizzare, basta solo mantenere certi comportamenti.

E vista la risposta dal pubblico – due proiezioni in sold-out qui al cinema Arsenale – direi che la voglia di tornare al cinema è tanta.

Quando eravamo a Venezia, nel buio della sala ho pensato “stai a vedere che non appena si accenderanno le luci, tutti si fionderanno all’uscita a causa di queste mascherine” e invece c’è stato un applauso lunghissimo e commovente. Una cosa simile si è ripetuta nel corso delle mie presentazioni in giro per l’Italia. Il pubblico, nonostante la mascherina, è rimasto in sala, pronto e desideroso di seguire il dibattito, sulla scia di un desiderio di parlare e riflettere insieme, che prima non era scontato esserci, visto che un po’ di gente si alzava sempre. Poi, se devo essere sincera, credo che alla fine si stia anche bene in sala. La mascherina può dar fastidio se parli, cammini, ti muovi, ma seduto davanti a uno schermo, te ne dimentichi ben presto della sua esistenza.

Rileggendo qualche sua intervista, ho appreso che si è avvicinata al personaggio di Eleanor Marx quasi per caso. Cosa l’ha colpita in particolare di questo personaggio?

Mi ha colpito il contrasto con cui veniva presentata al tempo, quello cioè di una donna emancipata e intelligente (tanto da tradurre Madame Bovary per il pubblico inglese), che fa la stessa fine della protagonista del romanzo di Flaubert. Il modo in cui viene raccontata, anche in poche frasi, sui vari testi in cui sono incappata l’ho trovato un po’ squalificante, quasi come se si volesse insinuare che questa donna, così tanto femminista, non è stata in grado di applicare le sue idee in ambito privato, lasciandosi soggiogare dall’uomo amato. In realtà, mentre studiavo la sua vita, mi sono affezionata immediatamente a lei, anche perché era la piccolina di casa e la preferita di papà, proprio come me, che sono la piccola di famiglia. A colpirmi, inoltre, è stata anche la figura di questo padre che l’ha sempre amata tantissimo e le ha insegnato tutto, senza farle pesare mai il suo essere donna. Ricordiamoci, infatti, che ai tempi Eleanor non poteva andare a scuola e studiare storia e politica; solo il padre le poteva insegnare tali materie, visto che alle donne era permesso tuttalpiù ambire alla scuola di ricamo e di buone maniere. Questa cosa mi aveva molto intenerito. rileggendo i suoi scritti mi sono poi accorta della sua intelligenza sopraffina, mentre le sue lettere mi hanno fatto comprendere come all’interno della sua storia d’amore con Edward, lei non sia mai stata vittima, quanto complice. Nonostante la stesse consumando fino al midollo, Eleanor accetta e sceglie con grande consapevolezza di portare a termine questo rapporto senza rinunciarvi mai, proprio come non aveva mai rinunciato alle sue idee politiche.

Miss Marx, recensione del film di Susanna Nicchiarelli #Venezia77

Una delle cose che mi sono piaciute più del film è stata la colonna sonora. Una musica che si adatta perfettamente all’animo di Eleanor, perché il punk-rock, proprio come la vita della sua protagonista, è ribellione, rivoluzione, voglia di far sentire la propria voce. Mi chiedevo dunque se questa scelta musicale fosse prevista sin dall’inizio, o se è sopraggiunta in un secondo momento.

È stata assolutamente pensata dall’inizio. Sin dalle prime fasi di sceneggiatura mi sono detta che volevo una storia rock, commentata musicalmente, da un gruppo contemporaneo. Ho fatto dunque delle ricerche, e grazie anche a qualche consiglio ho scoperto i Downtown Boys, i quali si sono rivelati perfetti per l’energia del film: sono infatti giovani, particolari, matti, trainati da questa voce femminile così forte di Victoria Ruiz, ma soprattutto contemporanei perché, ripeto, per me era importante che le canzoni parlassero di oggi. Non ero interessata al rock anni Settanta che avrebbe dato un effetto nostalgico, quanto piuttosto ai collegamenti con l’attualità. Tanto è vero che “A Wall”, il pezzo che cantano quando vanno in America, è sul muro di Trump. Sono canzoni sull’adesso, che trattano l’attualizzazione di un pensiero che non credo sia invecchiato nelle sue istanze più importanti. Il primo pezzo che ho ascoltato dei Downtown Boys era una cover di Bruce Springsteen che mi ha colpito così tanto da inserirla nel film proprio perché riarrangiata in maniera così contemporanea da rispondere all’operazione che volevo compiere,

Oltre a quella rock-punk, esiste anche un’anima romantica all’interno del film, caratterizzata da brani di Chopin e Franz Liszt. Insieme ai Gatto ciliegia contro il grande freddo, una band post-rock di Torino che lavora con sonorità elettroniche e con cui ho collaborato per tutti i miei film, abbiamo preso questi brani, anche molto conosciuti, per rielaborarli e attualizzarli, così da citare l’atmosfera romantica di origine, senza perdere di vista il tema del contemporaneo.

Romola Garai nei panni di Eleanor è spettacolare, nonché perfetta per questo ruolo, soprattutto se teniamo conto di quanto questa attrice, nonostante abbia fatto parte di una serie come The Hour e un film come Espiazione, sia poco conosciuta al pubblico italiano, proprio come poco conosciuta è la figura di Eleanor Marx. Aveva già in mente di affidare a lei questo personaggio, oppure è una scelta presa successivamente?

Avevo pensato a una serie di attrici inglesi a cui far leggere la sceneggiatura, e poi incontrare, tra cui spiccava anche Romola. Di lei mi sono innamorata nella serie della BBC di quattro puntate Emma, dal romanzo di Jane Austen. Romola è una di quelle donne che ha un non so che di antico, per cui vestita d’epoca sembra che venga da quel periodo. Dal punto di vista visivo, dunque, si sposava benissimo con l’estetica del costume dell’Ottocento. Inoltre, oltre a una bellezza particolare che secondo me combacia con quella che doveva essere la bellezza di Eleanor, vanta anche una grande intelligenza e un carisma invidiabile. Tra le attrici che ho considerato, Romola è stata quella che caldeggiavo di più. Una volta incontrata, poi, mi ha conquistata del tutto grazie a una serie di riflessioni intelligenti e pertinenti al tipo di lavoro che ci aspettava. Dovete sapere che Eleanor Marx non è un personaggio semplice da portare sullo schermo. È una figura alquanto complicata, sia per l’attrice che la deve interpretare, sia per il regista – in questo caso io – che intende narrare la sua storia. Se vuoi portare avanti un lavoro del genere, così pieno di sfide (e questo era successo anche con Nico 1988) allora devi avere accanto una donna intelligente che ti aiuta, con la quale confrontarti. E Romola non mi ha deluso, si è letta tutte le biografie, e tutti i testi in circolazione su Eleanor, così da affrontare insieme e agilmente tutti i passaggi emotivi attraversati da questa donna, in modo da comprenderla – e poi raccontarla – fino in fondo con onestà.

Viviamo in un momento che ha bisogno di una rivoluzione, sia dal punto di vista sociale, che culturale. Cosa potrebbe apportare una figura come Eleanor Marx al giorno d’oggi?

Non lo so. È una domanda a cui mi è difficile rispondere. Credo che i film si facciano non per fare le rivoluzioni, ma per pensare, far discutere. Il film da solo non cambia niente, ma può aspirare a cambiare la gente che lo va a vedere. Eleanor Marx credeva nel potere liberatorio dell’arte. Lei diceva “io racconto Ibsen, la storia di Nora di Casa di bambole, di Madame Bovary e in questo modo posso far vedere agli altri la realtà da un punto di vista diverso e cambiare così il mondo attraverso la rappresentazione”. Ma da sola l’opera d’arte non cambia nulla. Lo cambia facendo riflettere il pubblico, che una volta uscito dalla sala potrà vedere la realtà con occhi diversi.

Mi piace concludere le mie interviste con un gioco particolare, che ho rinominato “del se e del ma”. Se avesse, dunque, la possibilità di viaggiare nel tempo, quale figura storica a cui si sente particolarmente vicina le piacerebbe incontrare?

Bella domanda. Forse sceglierei i miei personaggi, quindi Nico, o Eleanor Marx. O forse direi mia nonna; ecco, credo che sia lei la persona che più di tutte vorrei rivedere e con cui desidererei parlare.

Miss Marx film 2020

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