American Sniper: recensione del film di Clint Eastwood

American Sniper

In American Sniper Chris Kyle, U.S. Navy SEAL, salva innumerevoli vite sul campo di battaglia e i racconti del suo grande coraggio si diffondono velocemente tanto da essere soprannominato “Leggenda”. Nel frattempo cresce la sua reputazione anche dietro le file nemiche, e viene messa una taglia sulla sua testa diventando il bersaglio primario per gli insorti. Allo stesso tempo, combatte un’altra battaglia in casa nel tentativo di essere sia un buon marito che un buon padre.

 

Il cinema americano non è nuovo ai ritratti di guerra, che siano di finzione o tratte da storie vere (come in questo caso), American Sniper, l’ultimo film di Clint Eastwood, segue da sceneggiatura le stesse complesse dinamiche della vite al fronte, dei nemici che si combattono e delle esperienze che restano e che segnano una vita intera. Ma la sceneggiatura di Jason Hall non vuole rimarcare lo stereotipo del soldato violento-dipendente da adrenalina, perciò si basa in parte sul romanzo, a cui lo stesso Kyle ha lavorato, ed in parte alle testimonianze di commilitoni e familiari che conoscevano l’umanità del cecchino più letale d’America.

American Sniper, il film

La trama di American Sniper si articola così in due prospettive che comunque rimangono fedeli alla biografia di un personaggio complesso e sfaccettato, rimarcando così i “mantra” cattolici-paterni su cui ha sempre vissuto il ragazzo del Texas che inevitabilmente si declinano in valori e motti militari di un corpo, i SEAL, e una specializzazione, il tiratore scelto, che ben presto tracciano e “risolvono” il percorso di Kyle.

Di conseguenza il punto di visa di Eastwood rimane il più fedele possibile a queste corde, concedendosi i grandi cambi di ritmo là dove la sceneggiatura incoraggia determinate reinterpretazione visive che danno estro alle sue sequenze più adrenaliniche del film, come “la sfida a distanza” con il cecchino Mustafa e le rappresaglie in zona di guerra. Per poi ribaltarsi  nelle tese atmosfere  familiari, contraddistinte dai rapporti con la moglie ed i primi tormenti.

In questa struttura, divisa “in turni”, inevitabilmente il personaggio di Cooper diventa nevralgico in ogni aspetto, riuscendo a costruire una perfetta immedesimazione che trascina lo spettatore nei suoi dolori e turbamenti che contemporaneamente esalta la figura del soldato americano. A stemperare i toni ed il personaggio ci penserà Taya (Sienna Miller), che seppur abbia una determinata personalizzazione, presto si perde nella schiera di moglie di soldati che attendono sempre buone notizie dall’altra parte del telefono.

America Sniper è un film che si iscrive perfettamente nel genere di guerra senza però diventare d’azione, riesce a regalare un biopic poco contestualizzato ma incorniciato dagli inossidabili valori di “Dio, Patria e Famiglia” che il cinema di Eastwood riesce sempre ad esaltare e valorizzare con studiate inquadrature e oggetti simbolici. Ma che non trasmette nulla di cinematograficamente innovativo se non l’ennesima dimostrazione del potenziale di Bradley Cooper.

- Pubblicità -