Assassinio sul Nilo, recensione del film di e con Kenneth Branagh

Assassinio sul Nilo recensione

Anche in Assassinio sul Nilo, come già accaduto con il successo di Assassinio sull’Orient Express, Kenneth Branagh si appropria del testo classico letterario scritto da Agatha Christie e del suo iconico detective lavorando su due differenti e ben precisi piani di lettura. Quello più immediato e volto al grande pubblico è ovviamente la confezione, smagliante nella fotografia del fido Haris Zambarloukos e curata nelle scenografie di Jim Clay. Allo stesso modo del precedente, anche Assassinio sul Nilo è un lungometraggio elegante da gustare con gli occhi, in quanto possiede una patina retrò che lo rende un prodotto visivamente affascinante. 

 

Assassinio sul Nilo continua l’indagine su Hercule Poirot

Non è però tale aspetto la parte più interessante del lungometraggio, poiché a ben guardare si tratta semplicemente dell’involucro dentro il quale Branagh continua a sviluppare la sua visione personale di Hercule Poirot. Se infatti già in Assassinio sull’Orient Express ci aveva presentato una figura in chiaroscuro, la quale vive la sua continua ricerca di verità come un’ossessione, una fame che deve essere saziata a costo anche della propria sanità fisica e mentale, l’autore si spinge ancora oltre in questo nuovo capitolo dipingendo un Poirot ancora più drammatico ed emotivamente dilaniato. Un prologo ambientato nelle trincee fangose della Prima Guerra Mondiale getta le fondamenta preziose di Assassinio sul Nilo, raccontando la genesi fisica e psicologica di Poirot, racconta di un uomo ferito dalla perdita e devastato dall’orrore della guerra.

Questo artificio narrativo in qualche modo riesce a trasformare Assassinio sul Nilo: dietro l’implacatura del giallo da risolvere si cela infatti un melodramma doloroso che riflette sull’amore e le sue varie sfaccettature, agli atti estremi a cui può condurre e al modo in cui sa segnare una vita intera, soprattutto quando perso. Branagh può anche essere un regista discontinuo, ma rimane senz’ombra di dubbio un attore formidabile: dietro le facezie, i lazzi e la leggerezza con cui in certo momenti tratteggia il suo Poirot riesce a restituire tutto il dolore di un uomo che vorrebbe condurre una vita normale, magari addirittura monotona, ma che si trova costretto a perseguire la verità per colmare i vuoti incolmabili della sua anima.

Assassinio sul NiloDa Christie a Shakespeare

Attraverso un gioco di specchi stuzzicante, se non addirittura ammirevole, Branagh è partito rispettosamente da Agatha Christie per arrivare al suo amato, imprescindibile William Shakespeare, e a nostro avviso soltanto lui sarebbe riuscito in questo tentativo, almeno con tale forza emotiva. Il suo film pian piano si copre d’un velo malinconico che conduce a un finale emozionante, perfetta chiusura per una storia che vuole rappresentare l’amore prima di tutto come mancanza. Assassinio sul Nilo, nella sua anima, è un film sorprendentemente e dolorosamente romantico. Se non ha ottenuto un voto più alto di quello comunque scelto per promuoverlo è perché si tratta di un prodotto non esente da sbavature, in particolar modo nella scelta di un cast meno omogeneo rispetto a quello di Assassinio sull’Orient Express. In questo caso non tutti gli attori funzionano a dovere, in particolar modo un Russell Brand a disagio in un ruolo serio e una Annette Bening in difficoltà quando deve lavorare sull’accento britannico. Meritano invece di essere segnalate la presenza scenica e l’avvenenza di Sophie Okonedo, l’unica oltre ovviamente a Branagh a lasciare il suo marchio sul film. 

Kenneth Branagh negli ultimi anni ha scelto di abbracciare il grande pubblico, ma sta cominciando a farlo a modo suo: dopo due successi di cassetta tutto sommato “anonimi” come Thor e Cenerentola, i suoi adattamenti da Agatha Christie dimostrano la sua volontà di interpretare il testo, di scavare nel personaggio di Poirot per ricostruirne un’identità che si adatti al suo senso della tragedia. Assassinio sul Nilo conferma l’importanza di tale operazione, e per questo merita di non esser sottovalutato a pura trasposizione mainstream votata al semplice, superficiale intrattenimento. Vedendo il film dedicatevi prima di tutto a Hercule Poirot, allo studio e alla definizione del suo carattere. Non ne rimarrete delusi.

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