C’era un’attesa “colossale” per l’arrivo della divinità mitologica norrena Thor, nonché uno dei personaggi Marvel più amati dal pubblico dei fumetti. E in genere troppo attesa finisce per creare un’aspettativa troppo alta per un film, il che potrebbe pregiudicare in qualche maniere il giudizio finale sull’opera. Alla regia un premio Oscar, nel cast due premi Oscar, un esordiente e un appassionato delle tavole dei palcoscenici inglesi. Kenneth Branagh è stato chiamato a cercare di realizzare un miracolo: ci sarà riuscito?
La storia raccontata è quella del potente Thor, un guerriero arrogante proveniente da un altro mondo, non solo, ma proprio erede al trono di quel mondo, Asgard, le cui azioni sprovvedute hanno appena riacceso un antico conflitto. Per punizione viene mandato sulla Terra e costretto a vivere tra gli umani. Qui, Thor imparerà ciò che serve per essere un vero eroe. Ma il più temibile tra i cattivi del suo mondo sta per inviare le forze più oscure di Asgard per invadere la Terra. Ora soltanto Thor con i suoi superpoteri e il suo mitico martello potranno salvare il genere umano.
Thor, prima avventura del Dio del Tuono targata Marvel
Vedendo il film, sin dalle prime battute si percepisce con facilità che tutta la storia è trattata con una tratto distintivo simile ad un certo cinema epico. Tuttavia la cosa che più stupisce e al tempo stesso addolora, è che la sensazione post visione è quella di una epicità inespressa. È come se questo tratto tergiversasse per tutto la durata della pellicola, rimandando troppo spesso il suo potenziale per poi definitivamente nascondersi dietro a una più semplice narrazione funzionale e servizievole.
E questo è certamente uno dei difetti maggiori del film, che sin dal prologo promette senza poi mantenere le premesse epiche di una storia fatta di divinità e mortali che si uniscono per il bene comune. Il grande Kenneth Branagh, alla regia, in questo caso, non riesce nell’arduo compito di dare grandezza ad una pellicola che ancora una volta conferma l’inadeguatezza produttiva di uno studio come la Marvel che con testardaggine e orecchie da mercante continua a voler produrre in prima persona film tratti dal suo enorme bagaglio fumettistico.
I tonfi produttivi in questo film sono parecchi. In primis la scelta di adottare un 3D che non aggiunge il ben che minimo potenziale al film, ma al contrario pregiudica una visione completa delle splendide scenografie del mondo di Asgard e la miriade di colori che esso sprigiona. In questo caso il 3D serve soltanto a rendere le immagini meno epiche e più asettiche. Ennesima prova di un espediente puramente economico lontano un miglio dall’idea spettacolare che coltivano gente come James Cameron e George Lucas.
In seconda battuta, si percepisce un limite immaginifico da parte dei produttori che forse non portano il giusto supporto al film e al regista, dando anch’essi un contributo creativo all’opera. La storia ci ha insegnato che non basta un buon regista e un buon cast per fare un film epico e indimenticabile. Personalità del calibro di George Lucas, lo stesso Spielberg, da produttori hanno apportato un enorme contributo sia dal punto di vista creativo che funzionale alle opere di altri registi. Senza contare che i recenti “insuccessi” di Iron Man 2 (ben al di sotto delle aspettative del primo capitolo) e dell’Hulk di Edward Norton hanno di certo rappresentato un avvertimento.
Tuttavia il film non è solo pieno di difetti ma è anche ricco di molto pregi. Se abbiamo già parlato delle splendide scenografie. Una parola va spesa senza dubbio anche per i costumi che sono molto particolari, sintomo di un attenta e minuziosa costruzione sartoriale. Il reparto artistico dei Marvel Studios si conferma una realtà in ascesa, in cui i budget cominciano a lievitare e che con un occhio ai fumetti e l’altro allo schermo cerca di realizzare i migliori prodotti possibili per questa avventura tutta nuova che sta invadendo, come un vero e proprio sogno che si realizza per milioni di lettori di fumetto, gli schermi di tutto il mondo.
Altra nota positiva è certamente il cast della pellicola che riesce comunque ad aggiungere spessore al film, impreziosita dalla presenza imponente di Sir Anthony Hopkins nei panni di Odino, padre di Thor, e di Natalie Portman in quelli della bella e affascinante scienziata. Non male anche l’esordiente Chris Hemsworth che, se dalle prime immagini rilasciate del film ha dato l’impressione di essere un Ken (quello di Barbie) senza foulard, spiazza tutti con una interpretazione sufficientemente all’altezza del resto del cast, quasi perfetto per il ruolo di Thor. Niente male davvero per un giovane attore australiano alla sua prima prova importante da protagonista.
Arricchisce senza dubbio il film anche la presenza del bravo Stellan Skarsgård, famoso per il suo efficace contributo in seconda linea. Per chiudere la carrellata dei protagonisti, non si può non citare Tom Hiddleston, attore inglese molto amato dal teatro di casa sua e che non a caso è stato scelto in un ruolo di villain calato in un contesto profondamente shakespeariano, come la colpa, il castigo e i legami familiari. È sua l’interpretazione dell’infido Loki, dio degli Inganni, personaggio che ha riscosso un successo travolgente trai fan e che vedremo sicuramente molto spesso nel prossimo futuro del nascente Marvel Cinematic Universe. Completano il cast Idris Elba nei panni del misterioso e potente Heimdall, Ray Stevenson, Tadanobu Asano, Joshua Dallas nei panni dei Tre Guerrieri di Asgard, Jaimie Alexander che invece interpreta Lady Sif, Kat Dennings nel ruolo della buffa assistente di Jane Foster, e infine Rene Russo, che interpreta Frigga, la madre di Thor.
Forse una più approfondita caratterizzazione dei personaggi avrebbe di certo aiutato anche loro a rendere epica una storia come questa. Thor è sicuramente un primo tentativo, un film che invece di permettere ai filmmaker di mettere in scena una rock star come Tony Stark, ha dovuto cercare un linguaggio che potesse da una parte mantenere le caratteristiche epiche e regali dei personaggi dei fumetti e dall’altra riscrivere tutto in maniera che potesse essere raccontata una storia appetibile per il grande pubblico, con un linguaggio sufficientemente comprensibile a tutti.