Dopo Bella mariposas e Assandira, Salvatore Mereu torna a dirigere un lungometraggio che parla di Sardegna e di vita contadina. Presentato alle Giornate degli autori della 79ª Mostra internazionale di Venezia, Bentu segue passo a passo la vita di Raffaele, anziano contadino che aspetta il vento (il bentu appunto) per completare la raccolta del grano.
La sinossi di Bentu
Il film è ispirato ad un raconto di Antonio Cossu. Siamo negli anni Cinquanta. Nelle colline del Trexenta, in Sardegna, vive Raffaele (Giuseppe ”Peppeddu” Cuccu), un contadino che ha da poco colto un misero mucchio di grano. Il raccolto deve ancora essere concluso: l’arrivo del vento permetterà ai chicchi di dividersi dalla paglia e concluderà la trebbiatura. Nell’attesa del ”bentu”, Raffaele sceglie di rimanere nel suo piccolo casolare in campagna. Tuttavia, il vento non sembra voler arrivare. A tenere compagnia al contadino c’è però il piccolo Angelino (Giovanni Porcu), un ragazzino invadente e affascinato dall’attività di Raffaele. Ciò che più di tutto attrae Angelino è la cavalla di Raffaele, ma il bambino è ancora troppo leggero per poterla cavalcare…
Un film che segue i ritmi della natura
Bentu ruota attorno a tre personaggi: Raffaele, Angelino e la cavalla indomita del contadino. Questi soggetti si muovono sullo schermo in funzione dei ritmi della natura. La campagna della Sardegna, ampia e seccata dal caldo estivo, è la regina delle inquadrature di Mereu. Campi lunghi e lunghissimi esaltano l’ampiezza delle ambientazioni naturali. La pittoricità delle immagini è incantevole: i colori sono vividi come quelli usati da Van Gogh nei suoi quadri rupestri (come non citare Casa di campagna in provenza o Mietitura). Esattamente come in un dipinto paesaggistico, Raffaele e Angiolino sono le sole scarne figure umane che vagano negli spazi raffigurati.
È quindi l’ambiente naturale a dominare sia a livello visivo che a livello narrativo: la giornata di Raffaele ruota attorno al campo e al vento. Infatti, il film procede seguendo cronologicamente la quotidianità dell’uomo: la raccolta del grano, i pasti semplici nel piccolo casolare, il riposo e, soprattutto, l’attesa del vento. La semplicità del racconto è in linea con la storia, una storia contadina fatta di figure scarne, case spoglie e parole dialettali (tutti i dialoghi sono in dialetto sardo).
Raffaele è l’emblema del burbero contadino
Raffaele è il personaggio principale di Bentu e rappresenta lo stereotipo dell’anziano contadino: solitario, burbero, silenzioso, indaffarato. Cuccu parla solo in dialetto sardo e sembra rifiutare il progresso con tutte le sue forze. Nell’attesa del vento, più volte viene esortato ad utilizzare la mietitrebbiatrice, ma si rifiuta di far fare alla macchina un lavoro che spetta all’uomo e alla natura. La trebbiatura, la separazione del frumento dalla paglia, è per Raffaele un rito e attendere il bentu è come una pratica religiosa.
Angelino
Il protagonista è accompagnato da un personaggio antitetico: Angelino. Il bambino che si intromette in casa sua, lo stuzzica, lo provoca, è l’emblema di quel progresso e di quella modernità che il protagonista di Bentu rifiuta. Al contrario di Raffaele, Angelino è vivace, iperattivo, è incuriosito dalle novità, parla in italiano. Le due figure sono tra loro contrapposte e affini: giovane e vecchio si uniscono in un luogo eterno, la campagna, che sembra la stessa delle poesie di Pascoli – o dei film del Neorealismo – e che esalta gli ambienti bucolici e le piccole cose (le famose myricae).
In conclusione, Bentu è un film che procede a ritmo lento, richiedendo allo spettatore di avere la stessa pazienza di Raffaele. Mereu sfrutta la settima arte e, come altri prima di lui hanno fatto attraverso il cinema, la poesia e l’arte pittorica, realizza un’opera contemplativa sulla ciclicità della vita contadina, un continuo confronto tra vita, morte e rinascita.