Bird: recensione del film di Andrea Arnold – Cannes 77

Andrea Arnold torna in concorso al Festival di Cannes con un coming of age tanto sincero quanto emozionante, con cui ci ricorda la sua inimitabile voce di regista.

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Degli uccelli si librano in volo nella prima immagine di Bird, il nuovo film della regista inglese Andrea Arnold, presentato in concorso al Festival di Cannes 2024. Il nostro osservarli nella loro completa libertà è però ostacolato dall’inferriata di un ponte, che ci comunica dunque come il desiderio di potersi unire a quel volo sia di fatto negato. È questa la condizione vissuta dalla protagonista, Bailey, nuova giovane eroina del cinema della Arnold dopo Mia Williams in Fish Tank (2009) e Star in American Honey (2016). Su di lei e sulla sua bramosia di spiegare le ali la Arnold costruisce dunque un nuovo meraviglioso racconto di formazione, con la grazia e la vitalità che da sempre la rendono una regista unica nel suo genere.

 

Per condurci in questo nuovo viaggio dall’infanzia all’adolescenza, la Arnold torna poi in quella periferia residenziale già teatro dei suoi primi lavori: il già citato Fish Tank e l’opera d’esordio Red Road (2006), ma anche con i cortometraggi Dog (2001) e Wasp (2003, con cui ha vinto l’Oscar). Dopo la parentesi statunitense con American Honey, ritrova infatti in questi luoghi tutti gli elementi di cui ha bisogno per produrre un cinema istintivo, che non si preoccupa di mostrare la brutalità di certi ambienti e dei figli che sviluppa, i quali però si dimostrano in grado di sognare la libertà oltre lo squallore che li circonda. Spiccare il volo, in altre parole, anche se per imparare a farlo occorre il coraggio di lanciarsi nel vuoto.

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La trama di Bird: imparare a volare

Protagonista di Bird è dunque Bailey (Nykya Adams), una ragazza di 12 anni che vive con il padre Bug (Barry Keoghan) e il fratello Hunter (Jason Buda) in una casa abusiva nel Kent settentrionale. Bug non ha molto tempo per i suoi figli, dato che sta per risposarsi con Peyton (Jasmine Jobson) e pertanto Bailey, che si sta avvicinando alla pubertà, cerca attenzioni e avventure altrove. Le trova nello stravagante Bird (Franz Rogowski), un giovane dal misterioso passato in cerca dei suoi genitori. Nell’aiutarlo a trovarli, Bailey avrà modo di spiccare quel volo tanto desiderato.

Crescere in periferia

Bailey guarda dunque gli uccelli volare nel cielo e li invidia per la loro libertà, lei che è invece costretta a vivere in una casa (o meglio, un intero palazzo) a dir poco malmessa: graffiti sui muri, cianfrusaglie ad ogni angolo, mosche morte alla finestra, porte pericolanti, il suo letto che non è altro che un materasso poggiato sul pavimento e un padre distrato dai propri discutibili affari. Fuori da lì, un quartiere dimenticato da Dio e da chi dovrebbe averne cura, abbandonato al degrato, all’abbruttimento e per tanto senza nessuna concreta prospettiva di futuro per i più piccoli ma anche per i loro genitori, tutti poco più che ragazzi.

Per raccontare il disagio e la precarietà di questa vita Arnold segue Bailey da vicinissimo con una camera a mano, che se da un lato ci restituisce tutta la sua instabilità emotiva, dall’altro conferisce alle immagini e al racconto di cui si fanno portatrici una contagiosa carica di vitalità. È sorprendente come la regista dimostri di non aver minimamente perso né diminuito il suo entusiasmo per questi racconti e i loro protagonisti, riportandoli al pubblico con la stessa energia che potrebbe avere un o una giovane regista esordiente ed entusiasta.

Attraverso Bailey, Arnold ci conduce dunque alla scoperta di un mondo e delle sue regole, dove si cresce troppo in fretta e soprattutto da soli. Un mondo sul quale la Arnold non ci inganna: non è bello, per niente, ma la sincerità con cui viene riproposto al pubblico riesce ad ogni modo a farlo sembrare affascinante e molto più sincero di contesti più benestanti. E proprio come avveniva in Fish Tank – di cui Bird sembra essere in tutto e per tutto un fratello gemello – i luoghi diventano naturalmente altro oltre quello che ci appare in primo luogo, facendosi specchio dell’anima di una protagonista che non può più attendere per spiccare il suo primo volo.

Bailey e Bird

Bailey è infatti pronta a scoprire la propria identità, a diventare una donna, a prendere coscienza del proprio ruolo nel mondo. La sua trasformazione – naturalmente – avviene soprattutto a livello fisico e se inizialmente sembra quasi difficile stabilire se sia una ragazza o un ragazzo (per via degli abiti che indossa, del taglio dei capelli), progressivamente sboccia la sua natura femminile, prima attraverso l’uso del trucco e infine con l’arrivo del primo ciclo mestruale. Tappe di un percorso che la giovane è costretta in buona parte a compiere da sola, con noi come suoi testimoni e unici confidatari.

Oltre agli spettatori, il suo angelo custode diventa però Bird, giovane in cerca delle proprie radici che ha continuamente bisogno di elevarsi sopra le cose per capire dove si trovi nel mondo. Un personaggio che non ha bisogno di troppe spiegazio o di un solido background, facendosi piuttosto portatore di quel desiderio di ricercare le proprie origini, a partire dalle quali si può ancor meglio definire la propria storia e la propria identità. Bird non è solo l’angelo custode di Bailey, ma diventa per lei l’ispirazione a spignersi più in là di quanto aveva mai osato fare.

Andrea Arnold realizza un nuovo emozionante coming of age

Prende così forma un coming of age del miglior tipo, di quelli che non nascondono le difficoltà dell’esistenza dei protagonisti, riuscendo a catturare il meglio e il peggio di quel delicatissimo momento di transizione della vita di ognuno di noi quale è il passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Arnold ci riesce rimanendo fedele a questi personaggi e alle loro emozioni, trattandoli tutti con la stessa dignità, da Bailey allo stravagante Bird e fino all’esuberante Bug. Per questi ultimi due, in particolare, la regista si affida a due attori molto noti che si mettono completamente al servizio dei loro personaggi restituendone tutta l’umanità di cui, nel bene o nel male, sono dotati.

Diventa così molto facile appassionarsi e lasciarsi commuovere dalle loro avventure e disavventure, potendo ritrovare con molta facilità – pur con le dovute differenze – pensieri e stati d’animo che possono essere stati propri di ognuno di noi a quell’età. Un età in cui ogni novità fa paura e può sembrare la fine del mondo, quando basterebbe semplicemente avere accanto chi ti sussurrà che non c’è motivo di preoccuparsi, che tutto andrà bene. Nel far ciò – e grazie anche ad una straordinaria scelta di brani musicali – Bird si conferma uno dei coming of age più emozionanti visti di recente, capace di rimanere con lo spettatore ben oltre la sua conclusione.

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Sommario

Andrea Arnold torna a raccontare di giovani nel pieno di importanti transizioni e realizza con Bird un nuovo gioiello cinematografico che non solo stupisce per la giovinezza che la regista dimostra con il suo sguardo ma anche per la sincerità con cui i personaggi vengono raccontati. Il risultato è uno dei coming of age più emozionanti visti di recente.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.

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