Black Sea: recensione del film con Jude Law

Black Sea

Arriva al cinema distribuito da Notorious Pictures Black Sea il thriller diretto da Kevin Macdonald, con protagonisti Jude Law e Scoot McNairy.

 

In Black Sea il capitano Robinson è stato appena licenziato dal ruolo di comandante di sottomarini incaricati del recupero di relitti. Reduce da una difficile situazione familiare, decide di mettere insieme un nuovo equipaggio con cui lanciarsi nella rischiosa impresa di recuperare un carico d’oro da un sommergibile tedesco abbattuto nel Mar Nero nel 1941. Ben presto però il rapporto fra i membri del gruppo e la sete di ricchezza faranno sentire i loro devastanti effetti.

Sulla scia di numerosi e celebri antecedenti di genere che hanno la loro punta di diamante in U-571, il premio oscar Kevin McDonald si cimenta nuovamente in una spietata analisi sociologica di esseri umani vessati e messi sotto pressione dall’incombere di un pericolo imminente, questa volta nella forma di ettolitri d’acqua che comprimono in un claustrofobico clima sottomarino un gruppo di esseri disperati e decisi a dare una svolta decisive alle loro vite. Prendendo come modello di base il tema della disperazione in quanto motore dell’azione del celebre Vite vendute e la brumosa atmosfera di convivenza forzata di Acque del Sud, lo sceneggiatore Dennis Kelly delinea un plot incalzante e dalla tagliente progressione psicologica, dipingendo personaggi che rivelano strati progressivi sempre più’ nascosti, in un clima di perfetto contrasto tematico fra la sete di ricchezza che muove lo scompaginato equipaggio e lo spettro perenne della “morte del topo“. Le due fazioni contrapposte di scafati sommergibili, americani e russi sotto cui incombe il vecchio spettro nazista, oltre a richiamare gli antichi contrasti nazionali da Guerra Fredda, delineano un perfetto microcosmo dei vizi e delle ossessioni umane, un covo di risentimenti ed invidie che permettono ai vari personaggi e alle rispettive categorie di offrire capovolgimenti fulminei ed inaspettati.

Jude Law dimostra ancora una volta la sua ormai navigata capacità di dare corpo e anima a individui cupi, ambiziosi e dalla personalità sorprendente, proprio come quella di Robinson, disperato in mezzo a disperati disposto a tutto per trovare un proprio riscatto personale. Un cast istrionico ed eterogeneo in cui spicca, seppur senza eccedere, un Ben Meldensohn nelle vesti di un pericolo ed instabile sommozzatore le cui azioni daranno una svolta decisive agli eventi.

La satura ed oscura fotografia di Christopher Ross utilizza sapientemente il contrasto cromatico fra caldo e freddo in chiave fortemente simbolica e psicologica, tratteggiando un mondo sommerso racchiuso in un angusto involucro di metallo arrugginito. Seppur delineandosi all’interno di una cornice drammatica che risulta chiara e palese fin dall’inizio nelle sue intenzioni, Black Sea si mostra come un ottimo prodotto da blockbuster capacissimo di sorprendere e dimostrarsi a tratti alquanto originale e godibilissimo, una perfetta confezione di suspence ed adrenalina a 20.000 leghe sotto i mari.

 

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