Bones and All: recensione del film di Luca Guadagnino

Bones and All recensione

A quattro anni da Suspiria, Luca Guadagnino torna nel Concorso veneziano con Bones and All. Anche questa volta il regista palermitano si confronta con un testo preesistente, il romanzo omonimo di Camille Deangelis e sceglie di tornare a lavorare con Timothée Chalamet, che lui stesso aveva lanciato nell’Olimpo di Hollywood con Chiamami col tuo nome. Accanto a lui, la folgorante Taylor Russel.

 

Bones and All, la trama

Maren è una ragazza con un segreto. Ha difficoltà a farsi spazio in un mondo che non riesce ad accogliere la sua particolarità, è sola e senza meta, fino a quando non incontra Lee, un ragazzo come lei, solitario e insolito. Con lui Maren troverà una casa e cercherà di capire chi è, affrontando la cattiveria del mondo con la paura e la purezza che ha solo l’adolescenza.

Luca Guadagnino ama raccontare i giovani e l’idea di un coming of age narrato con la sua sensibilità sembra quanto di più canonico possa esserci nella sua filmografia. Bones and All è un felice incontro tra le immagini sanguinolente di Suspiria e il racconto di formazione sentimentale di Chiamami col tuo nome, tutto raccontato on the road, a bordo di un furgone che potrebbe fermarsi da un momento all’altro ma che è tutto ciò di cui hanno bisogno le due anime perse che ci sono dentro.

Cercare il proprio spazio

Attraverso pericoli e insidie, Maren e Lee sgomitano per trovare il loro spazio. Lei in particolare cerca la sua radice, l’origine del suo male, l’evento scatenante a cui attribuire quella diversità così disturbante e invalidante che solo nel confronto con Lee sembra diventare sopportabile. Chalamet e Russel sono il cuore pulsante della storia, ma chi veramente rimane impresso negli incubi dello spettatore è il personaggio interpretato magistralmente da Mark Rylance, Sully. Un orco cattivo, o forse un’altra solitudine in cerca di conforto che però non rientra nel cerchio magico di Maren e Lee, non senza un’imposizione che spezza l’alchimia trai due giovani. 

Bones and All film recensioneGuadagnino riesce a trovare un equilibrio perfetto tra la bellezza dei paesaggi americani, le proporzioni eleganti delle sue inquadrature, la bellezza un po’ stropicciata dei suoi protagonisti e la cattiveria, la bruttezza del mondo, tanto che in alcuni ritratti il regista sembra omaggiare un immaginario à la Garth Ennis, con la sua umanità rifiutata e emarginata.

Trovarsi, riconoscersi, contenersi

Fuor di metafora, Bones and All racconta anche il riconoscersi di due anime perse, il ritrovarsi e l’amarsi nonostante tutto, perché ci si riconosce dentro l’altro e se ne capiscono le ragioni, anche di fronte a contingenze terribili e confessioni indicibili. Amarsi “fino all’osso” e accettare tutto, abbracciandolo e facendoci i conti, sempre.

Peccato però per la colonna sonora del film, che nei lavori di Luca Guadagnino è sempre molto ispirata e che qui appare un po’ troppo pigra, soprattutto per quello che riguarda i pezzi originali, rispetto a quanto realizzato in precedenza, soprattutto con Suspiria.

Bones and All è un coming of age che emoziona profondamente, accoglie e coccola, nonostante immagini violente e disturbanti, ma che si prende anche la responsabilità di raccontare una dura verità: è difficile abbracciare e capire a fondo la diversità, e probabilmente solo tra simili esiste la comprensione autentica e totale.

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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
bones-and-all-luca-guadagninoBones and All è un coming of age che emoziona profondamente, accoglie e coccola, nonostante immagini violente e disturbanti, ma che si prende anche la responsabilità di raccontare una dura verità: è difficile abbracciare e capire a fondo la diversità, e probabilmente solo tra simili esiste la comprensione autentica e totale.