Bull: recensione del film di Annie Silverstein

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Film d’apertura di Un Certain Regard, edizione 2019, Bull è il lungometraggio d’esordio della texana Annie Silverstein, che già nel 2014 aveva vinto a Cannes per il miglior cortometraggio, Skunk, Bull è la storia di Kris e Abe, un incontro insolito, inedito per il cinema che racconta il sud degli States e un racconto che si definisce molto bene per quello che non è, o che è solo in parte.

 

Bull non è una storia di infanzia rubata, non è una storia di integrazione, non parla dell’abbattimento delle barriere “razziali”, né critica o commenta in alcun modo i margini della società che occupano i due protagonisti. Quella che racconta Silversetein è una storia piena di dignità, non solo nelle persone ma anche nei luoghi che racconta, anch’essi sottratti dal luogo comune. Sembra proprio il primo pensiero della regista, quello di fuggire dal cliché e offrire uno sguardo onesto su una particolare realtà.

Come detto, la storia si concentra su Kris, una quattordicenne turbolenta, con una situazione familiare complicata (padre assente e madre in prigione, vive con la nonna malata e la sorellina), e Abe, un afroamericano, vera stella del rodeo, che però relega al passato la sua gloria in questa pratica. Il loro incontro è dettato prima dal caso e dalla prossimità, sono infatti vicini di casa e il cane della ragazzina ammazza una delle galline di Abe, e poi da un’attrazione umana che viene fuori a poco a poco con crescente intensità.

Entrambi i personaggi, inoltre, vengono raccontati con lo stesso sguardo onesto e umano delle situazioni e dei luoghi, senza luoghi comuni: Abe infatti è un cowboy nero, Kris una ragazzina in difficoltà che non cede mai per un attimo il passo, non diventando mai un oggetto di ciò che gli accade.

Il film è abile a concentrarsi sulle due individualità, da una parte Abe e dall’altra Kris, seguendole anche in maniera indipendente nei loro problemi e nella risoluzione di questioni a volte più grandi di loro, tuttavia raggiunge i momenti migliori nel confronto trai due, tratteggiato sempre con grande delicatezza e onestà, soprattutto con uno sguardo affettuoso.

È un peccato che però che l’attenzione riservata alla fase di scrittura non corrisponda alla ricerca di soluzioni registiche altrettanto originali e lontane dagli schermi, ma Annie Silverstein è un talento che vale la pena seguire e con lei, in Bull, le interpretazioni dei due protagonisti Rob Morgan e l’esordiente Amber Havard.

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Chiara Guida
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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
bull-di-annie-silversteinÈ un peccato che però che l’attenzione riservata alla fase di scrittura non corrisponda alla ricerca di soluzioni registiche altrettanto originali e lontane dagli schermi, ma Annie Silverstein è un talento che vale la pena seguire e con lei, in Bull, le interpretazioni dei due protagonisti Rob Morgan e l'esordiente Amber Havard.