“La realtà non potrebbe essere una bugia che qualcuno ha inventato?” – Cenere
Finzione e immaginazione hanno un’influenza potentissima sulla nostra psiche, e a volte producono fenomeni denominati fictofilia, condizione per la quale si ha un trasporto amoroso e sessuale verso qualcuno che non esiste, ma è solo frutto di una fantasia che si sviluppa quando entriamo in contatto con un mondo diverso dal nostro, fittizio. Non sempre ci si accorge di questa “sindrome” e, soprattutto quando si è più piccoli, è talmente cosa comune innamorarsi di chi non vediamo, ma che conosciamo attraverso pagine di un libro, che non c’è nemmeno l’ipotesi che l’attaccamento verso di esso possa essere morboso o, addirittura, essere sintomo di una ossessione pericolosa.
Ma quando si cresce, e il filtro dell’immaginazione non scivola per guardare la nuda e autentica realtà, si rischia di cadere in un vortice da cui è difficile tornare a galla. Ancor più se ciò che avvolge la nostra vita non è appagante ed è solo un castello di cristallo che al minimo soffio di vento può rompersi in mille cocci. Cosa può salvarci? Saper scindere ciò che è vero da ciò che non lo è. L’epicentro di Cenere parte proprio da qui: il nuovo film turco, di cui oramai Netflix va ghiotto, lo usa come pretesto narrativo per cucire una storia le cui tinte thriller fanno da sfondo a un genere romance dalle venature erotiche, con l’intento di polarizzare un pubblico sempre maggiore. Cenere è diretto da Erdem Tepegöz ed ha come interpreti Funda Eryiğit, Alperen Durmaz e Mehmet Günsür.
Cenere, la trama
La vita di Gocke sembra perfetta: è sposata con un editore molto ricco, ha un figlio, una casa nel quartiere più chic di Istanbul, e gestisce una boutique di lusso. Non potrebbe desiderare altro, eppure all’anniversario di matrimonio con Kenan, fra brindisi e incontri, la donna non è affatto felice. Ha gli occhi spenti, sguardo assente. Finché sul tavolo della cucina non trova una pila di manoscritti inviati alla sua casa editrice, e fra questi appare Cenere, di cui inizia a sfogliare le pagine. Rapita dalla storia d’amore proibita fra l’autrice e un falegname di Balat, Gocke decide di scoprire i posti menzionati nel romanzo, intenzionata a conoscere quest’uomo misterioso il cui nome inizia per M. Il suo, in realtà, è solo desiderio di evadere da una vita che oramai le sta stretta, che non vuole forse più, per cercare piacere, soddisfazione e benessere nell’esistenza di qualcun’altro, vivendo le stesse cose della storia. Ma quando incontra il protagonista di Cenere, che le fa dono di quel coinvolgimento mentale, emotivo e sessuale che lei voleva e aveva letto, innamorandosene senza neppure sapere chi fosse, la sua vita comincia a scricchiolare, le certezze vacillano, e neanche lei sa più chi sia e cosa sia vero o finto. Finché non capirà che sotto a quel romanzo c’è un segreto molto oscuro.
Una storia confusa
Cenere, che come abbiamo detto in apertura ha una doppia veste (thriller e romance drammatico), poteva essere un film costruito su più livelli di lettura e avere diversi strati narrativi che pian piano si disvelano. Questo perché l’impianto su cui si fonda è originale, potremmo dire anche furbo nel trarre in inganno lo spettatore: il gioco di scambi e scoperte fra Gocke e l’autrice sconosciuta del libro e il suo enigma catturano subito l’attenzione nell’incipit, destando inizialmente una curiosità che però con l’avanzare del racconto si smarrisce, per cedere il passo a una serie di incastri e battute che stridono con quello che doveva essere il tono mystery/drama, il quale non si svilupperà mai degnamente. Intanto è evidente che la sceneggiatura abbia perso di vista i punti cardine della trama, e così gli eventi si susseguono in modo confuso e illogico, non dando pathos alle giuste sequenze e restituendo protagonisti monodimensionali, che agiscono e si muovono nello spazio filmico come delle marionette. In particolare la protagonista, che repentinamente e ingiustificatamente cambia, lasciando però dietro di sé un vuoto di caratterizzazione difficile da colmare.
Anche le tematiche di Cenere non emergono mai a pieno, ma sono spesso soffocate dall’incompletezza dello script. Se poteva essere interessante prendere in analisi concetti quali la fictofilia o l’importanza di capire cosa si voglia davvero dalla vita e da se stessi, la scelta di esaltare solo l’aspetto erotico fra Gocke e Metin smorza il significato di un’opera che poteva davvero essere semanticamente impattante. Gli unici aspetti che del film funzionano si riscontrano in primis nell’estetica, con una scelta di colori saturi nelle scene a Balat, le quali esaltano il contesto magico e sognante in cui si trova Gocke, contrastati da una palette molto più fredda quando invece la protagonista è avvolta da quella che è la sua vera realtà, più autentica, respingente, e quindi anche più spenta. Poi nella forma, con una regia che regala virtuosismi di tutto rispetto, e nel plot twist finale che arriva come un colpo di coda sorprendente – e brillante – e solleva un minimo le sorti della pellicola, ma che comunque avrebbe meritato una collocazione e tempo di spiegazione migliore, considerato che dopo pochi minuti il film termina. Se dovessimo tirare le somme, concluderemmo dicendo che l’errore di Cenere è stato quello di non osare, dimettere il freno a mano, non credendo abbastanza nelle sue potenzialità.