Chien de la Casse: recensione del film di Jean-Baptiste Durand

Quando si è piccoli, coloro che appartengono alla nostra cerchia di amici sono figure, fatte di volti e sorrisi, che si calcificano per sempre nel nostro cuore. Stringiamo con loro un patto: qualsiasi cosa accada nella vita futura, nessuno potrà sciogliere questo legame. Se sei in un contesto di piccolo borgo, l’amico è la via di fuga dalla statica quotidianità, quel porto sicuro, quella bolla, in cui piace andare a rifugiarsi, oppure fare un po’ di baldoria. Sono rapporti principalmente definiti dal contesto in cui si è calati, in cui più delle volte si crea una subordinazione.

Al suo esordio dietro la macchina da presa, Jean-Baptiste Durand, con Chien de la Casse, porta in scena un’amicizia scolpita dal destino, in cui i protagonisti non hanno instaurato un legame paritario, ma si trovano piuttosto in una strana e ingombrante gerarchia del potere, con uno sottomesso all’altro. Pur volendosi bene. Enormemente bene. Chien de la Casse, grazie alle sue tematiche delicate, evocate e narrate quasi come fossero una dolceamara poesia, si è guadagnato ben 7 nomination ai César 2024, vincendo nella categoria Miglior opera prima e Miglior attore esordiente per Raphaël Quenard, vera rivelazione nel panorama francese, qui ad una interpretazione intensa e forte tanto quanto quella di Yannick. Il film arriva nelle sale dal 23 maggio distribuito, in lingua originale, da No. Mad Entertainment.

Chien de la Casse, la trama

Dog e Mirales sono due amici d’infanzia inseparabili che vivono nel piccolo villaggio del Sud della Francia chiamato Le Pouget. Le loro giornate si svolgono quasi sempre allo stesso modo: si incontrano per passeggiare tra le vie del borgo e, come un rito consolidato, si ritrovano con gli altri amici nella piazza centrale. Il loro legame, tuttavia, si basa su un equilibrio piuttosto particolare: Mirales sembra essere il più forte dei due e spesso si permette di prendere in giro Dog, che è più riservato e sensibile. Nonostante sembri che ci sia un dinamica dominante/dominato, in realtà l’amicizia tra loro è molto più profonda di quanto appaia. Gli sguardi tra di loro rivelano tutto l’affetto che provano, superando le apparenti differenze e i giochi di ruolo esterni.

Chien de la casse

Legami indissolubili, desideri da realizzare

Dicevamo in apertura che per Chien de la Casse è stata optata una distribuzione in lingua originale sottotitolata. Al netto della considerazione per la quale – a nostro avviso – ogni opera dovrebbe mantenere intatti i suoi suoni e le sue intonazioni vocali, senza essere sovrascritta da un doppiaggio, per quanto eccellente possa essere, l’ascolto e il coinvolgimento con le voci originali degli attori coinvolti conferiscono all’opera una rara autenticità. È attraverso i loro discorsi, rapidi, a tratti interrotti e talvolta incomprensibili, con la loro variazione tonale e il marcato accento del Sud, che infatti si delineano e emergono le sfumature dei personaggi di Mirales e Dog.

Tutto si origina dai dialoghi, dal modo in cui esprimono pensieri, frustrazioni e sogni in questo microcosmo di esistenze ancora in evoluzione, che definisce la loro identità e chiarisce le regole della loro amicizia. Il primo è il gradasso fra i due, ed è quello in posizione imperante; il secondo è colui che, nel suo quasi immobilismo, subisce in silenzio. Un’amicizia che sembra più una relazione che si instaura fra il cane e il suo padrone, con il titolo, che tradotto significa “cane dello sfascio”, che ne disegna in modo cristallino la metafora, dove alla base obbedienza ed esecuzione degli ordini sono il motore principale, ma anche unico, per andare avanti. Poiché ne sono assuefatti. Forse perché, in fin dei conti, non conoscono altri modi per dimostrarsi affetto.

Chien de la casse recensione filmVivere a Le Pouget

L’ambiente rurale in cui si muovono nella loro ordinarietà è la causa primaria della loro situazione: Le Pouget è un paese sonnolento, in cui il tempo sembra essersi fermato e le giornate sono scandite dalle poche e sole abitudini ripetitive in cui loro sono imprigionati e sospesi. Questo ciclo monotono ha provocato due reazioni opposte: il desiderio di sognare e di vivere di Mirales, che vuole infondere, pur in modo irruento, all’amico, nel tentativo di farlo reagire, e l’accettazione passiva di Dog, che si è adattato al silenzio e all’immobilità, cercando di mantenere integro lo status quo.

Ed è qui, con una regia spesso statica ma a fuoco, che mira al più concreto realismo, che il regista di Chien de la Casse vuole fotografare un vissuto ancora presente anche nei suoi ricordi, essendo stato lui stesso incastonato in un borgo di campagna. Dove molti giovani riempiono un tempo che in realtà dovrebbero mordere, e dove nascono legami ambigui, paradossali, ma che nonostante la loro indecifrabilità nascondono un amore puro e incontaminato, diverso sì, ma buono, perché sono relazioni di una vita, che aiutano comunque a crescere, a formarsi, fatte di fiducia reciproca poiché coltivate negli anni. E che ad oggi, per come stanno le cose, è difficile trovare.

RASSEGNA PANORAMICA
Valeria Maiolino
Articolo precedenteAyo Edebiri nel cast di After the Hunt di Luca Guadagnino
Articolo successivoMarcello mio: recensione del film di Christophe Honoré – Cannes 77
Valeria Maiolino
Classe 1996. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza, con una tesi su Judy Garland e il cinema classico americano, inizia a muovere i primi passi nel mondo della critica cinematografica collaborando per il webzine DassCinemag, dopo aver seguito un laboratorio inerente. Successivamente comincia a collaborare con Edipress Srl, occupandosi della stesura di articoli e news per Auto.it, InMoto.it, Corriere dello Sport e Tutto Sport. Approda poi su Cinefilos.it per continuare la sua carriera nel mondo del cinema e del giornalismo, dove attualmente ricopre il ruolo di redattrice. Nel 2021 pubblica il suo primo libro con la Casa Editrice Albatros Il Filo intitolato “Quello che mi lasci di te” e l’anno dopo esce il suo secondo romanzo con la Casa Editrice Another Coffee Stories, “Al di là del mare”. Il cinema è la sua unica via di fuga quando ha bisogno di evadere dalla realtà. Scriverne è una terapia, oltre che un’immensa passione. Se potesse essere un film? Direbbe Sin City di Frank Miller e Robert Rodriguez.
chien-de-la-casse-jean-baptiste-durandCon una regia spesso statica ma a fuoco, che mira al più concreto realismo, che il regista di Chien de la Casse vuole fotografare un vissuto ancora presente anche nei suoi ricordi, essendo stato lui stesso incastonato in un borgo di campagna.