Come Pietra Paziente: recensione del film con Golshifteh Farahani

Come Pietra Paziente

In Come Pietra Paziente in un paesino senza nome dell’Afghanistan, una donna (Golshifteh Farahani) veglia il marito (Hamidreza Javdan) in coma. Lui è un eroe di guerra ferito da una pallottola al collo, lei un’invisibile compagna rimasta sola ad accudirlo. Fuori, nelle strade e nelle case, gli scontri e i bombardamenti, i miliziani che uccidono i civili, la mancanza di cibo e di acqua.

 

Disperata per la sorte che le toccherà se dovesse morire il marito, lei lo accudisce con cura, nella speranza che lui si risvegli. Le sue attenzioni, però, col tempo mutano: potendo parlare con il suo uomo senza ottenere risposte né giudizi, la donna lentamente comincia a svelare al compagno incosciente i suoi pensieri, i suoi sentimenti, le sue paure, i suoi segreti. Un giorno un miliziano (Massi Mrowat) irrompe in casa sua e, scambiandola per una prostituta la costringe a fare sesso, facendola sentire inizialmente in colpa e usata, ma poi, incontro dopo incontro, viva e desiderata, cosciente di sé e del suo corpo. Il marito, chiuso nel suo sonno forzato, resta immobile ad ascoltare, come la Pietra Paziente della leggenda; una pietra a cui si può confidare tutto e che, una volta distrutta, compie la magia di liberare da ogni sofferenza.

Come Pietra Paziente, il film

I personaggi di Come Pietra Paziente non hanno nome, ma solo il loro ruolo: la protagonista è moglie, madre, amante, amata, l’uomo è un marito, un eroe, un guerriero e il giovane che si invaghisce di lei è un ragazzo, un miliziano, una vittima e un innamorato. Così il film diventa una metafora universale e un percorso di liberazione dall’oppressione del silenzio, di tutti i silenzi. Le parole della donna da pudiche diventano sempre più audaci, le rivelazioni meno trattenute e questo monologo che scorre come un flusso quasi fisico da lei al marito ripristina un equilibrio di potere e di importanza in una società, come quella afghana, che fa del disequilibrio di genere e della repressione sessuale il suo tratto dominante.

Tratto dal romanzo Pietra di Pazienza, dello scrittore Atiq Rahimi nel film in veste di regista, Come Pietra Paziente si impone per il suo ritmo discontinuo, le sue inquadrature in lento movimento, i suoi dettagli e per l’effetto provocato dalla commistione della voce della bravissima Golshifteh Farahani e le immagini che scorrono sullo schermo.

L’abuso del parlato e la scelta di rappresentare una sorta di monologo interiore, inizialmente straniante, é decisamente funzionale alla riuscita del film e soprattutto al messaggio che sembra voler veicolare, poiché la protagonista, grazie alle parole e attraverso le parole, smette di essere la serva invisibile del marito e acquista sostanza, diventando un corpo pulsante, una mente riflessiva, una donna, un profeta.

Come Pietra Paziente che mostra come i regimi si possano abbattere dall’interno delle mura di una casa, semplicemente infrangendo il silenzio. In sala dal 28 marzo.

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