Se da una parte il periodo natalizio è sinonimo, nel panorama italiano, di cinepanettone, dall’altra le sale si affollano anche di titoli più o meno ambiziosi che si adattano particolarmente alla ricorrenza, e Dickens: L’uomo che inventò il Natale fa parte proprio di questa seconda categoria.
Presentato nella sezione Festa Mobile al Torino Film Festival 35, il film, diretto dal regista di origini indiane Bharat Nalluri, il film è una storia sul senso del Natale che invece di rifare Dickens, rifà il processo creativo che ha portato lo scrittore a scrivere la sua opera più famosa e adattata: Canto di Natale.
Da Zemeckis, che lo ha riproposto in 3D, alla Disney, che ne ha fatto l’adattamento forse più tenero e immortale, il racconto breve dello scrittore inglese è simbolico dello spirito del Natale, e la storia di Nalluri, basata su una sceneggiatura meccanicamente precisa, ci porta dentro la scrittura di questo racconto, che arrivò in un momento molto particolare della vita di Charles.
Dopo il travolgente successo di Oliver Twist, lo scialacquatore Dickens si trova con l’acqua alla gola: diversi flop letterari, una famiglia numerosissima, un padre pieno di debiti, una vita costosa, mettono lo scrittore in condizione di dover per forza sottoscrivere un nuovo contratto con la casa editrice, che lo impegna a consegnare un racconto in tempo record.
Nasce così Canto di Natale. Il film si serve di tutte le strutture narrative dello scrittore, utilizzando come filo conduttore gli incontri e le visioni che il protagonista ha, come principale fonte di ispirazione. Così Charles si troverà a parlare con lo scontroso Scrooge, lo stereotipato avaraccio che lo segue, lo stimola, lo consiglia, lo aiuta insomma a trovare nella realtà i soggetti che comporranno la sua storia.
L’avaro è interpretato da Christopher Plummer, che diventa uno scorbutico nume tutelare per il protagonista, una guida e un maestro quasi, a indicare a Charles la strada per trovare la sua storia. Il film e lo scrittore si assumono quindi lo stesso compito, quello di creare una storia che possa rispecchiare lo spirito del Natale, nella sua natura più pura e autentica, ma anche melensa e verbosa.
Il Dickens di Dan Stevens (il principe/Bestia de La Bella e la Bestia) parla di continuo, con tutti, personaggi reali e creature immaginarie, spalanca gli occhi, corre, scappa, e ancora parla, alla caccia della storia, dell’ispirazione, andando ad attingere a quel mondo di sfortunati e meno abbienti che popolano tutte le sue opere.
Dickens: L’uomo che inventò il Natale dunque è una corsa alla ricerca dello spirito natalizio, un’angolazione nuova sul romanzo di Dickens si cui sposa tutto il senso profondo e manifestamente edificante, senza però ereditarne la complessità della scrittura.