“Prima la fisica e poi le donne“: una battuta pronunciata da uno scienziato nel corso del film Die Theorie Von Allem, presentato in concorso a Venezia 80, che strappa una risata al pubblico. Solo il corso degli eventi del film di Timm Kröger ci farà capire che questa frase potrebbe sintetizzare il conflitto del suo protagonista, Johannes, un dottorando in fisica che sta scrivendo la tesi finale da due anni con non poche difficoltà e il cui percorso verso la laurea potrebbe venire ulteriormente messo in crisi da una serie di doppi femminili.
Die Theorie Von Allem, la trama
1962. Johannes Leinert, insieme al suo consulente di dottorato, si reca a un congresso di fisica sulle Alpi svizzere, dove uno scienziato iraniano dovrebbe rivelare una “teoria rivoluzionaria della meccanica quantistica”. Ma quando i fisici arrivano all’hotel a cinque stelle, l’ospite iraniano non si trova da nessuna parte. In assenza di una nuova teoria da discutere, la comunità dei fisici si rivolge pazientemente allo sci. Johannes, invece, rimane in albergo per lavorare alla sua tesi di dottorato, ma presto si distrae, sviluppando una particolare attrazione per Karin, una giovane pianista jazz. Qualcosa in lei sembra strano, sfuggente. Sembra che lei sappia delle cose su di lui, cose che lui pensava di conoscere soltanto. Quando una mattina uno dei fisici tedeschi viene trovato morto, due ispettori arrivano sulla scena, indagando su un caso di omicidio. Mentre nel cielo appaiono formazioni nuvolose sempre più bizzarre, il pianista scompare senza lasciare traccia e Johannes si ritrova trascinato in una sinistra storia di falsi ricordi, incubi reali, amori impossibili e un oscuro, ruggente mistero nascosto sotto la montagna.
Una teoria di bianchi e neri
Timm Kröger, che è stato per anni direttore della fotografia, usa la fotografia come veicolo principale per la costruzione di un’atmosfera immersiva e avvolgente, consacrata da un bianco e nero d’impostazione estremamente classica. Dal punto di vista visivo e d’immaginario, il film ha un’impronta precisa e sicura, che convince senza sovrastare la narrazione, almeno in una prima parte.
Come la tesi di Johannes, incentrata sulla probabilità e un’idea venutagli in sogno, Die Theorie Von Allem ci catapulta in un racconto di doppi, punti di vista differenti, orbite sconosciute, intrecciando la declinazione di sci-fi che un fortunatissimo prodotto televisivo sempre tedesco, Dark, ha portato in auge, alla cospirazione e all’impianto da noir classico. Purtroppo, la sua struttura sfilacciata e lacunosa, tanto quanto la tesi di Johannes – idea di partenza più che brillante – fatica a tenere alta l’attenzione dello spettatore, sempre più confuso sul ruolo che i personaggi giocano nella storia.
Timm Kröger assicura alla trama una notevole direzione degli attori, che riescono quasi sempre a rimanere dei punti di riferimento per gli spettatori, anche quando il tessuto narrativo inizia a vacillare. Jan Bülow e Olivia Ross, in particolare, convincono in una dinamica amorosa alla Vertigo, che ci fa dubitare di ogni immagine e parole pronunciate da questa famme fatale, una pianista jazz, che potrebbe saperne molto più di lui di fisica. La loro storia d’amore sopravvive all’ipertrofia semantica del film, che sta sempre su un gradino più in alto dello spettatore, sul cucuzzolo delle montagne svizzere, mentre rimaniamo intrappolati nelle grotte sotteranee dove spazio e tempo divergono.