Dietro i Candelabri

Steven Soderbergh caratterizza tutta la sua filmografia (quella che firma, senza contare i lavori sotto pseudonimo) da un continuo alternarsi di pellicole importanti con film a basso budget o con esiti poco felici. Con Dietro i Candelabri, in concorso all’ultima edizione del Festival di Cannes, il regista si conferma capace di raccontare storie complesse e sopra le righe, con grande profondità e naturalezza.

 

Prima di Elvis, di Elton John, di Madonna, Bowie e Lady Gaga, c’è stato Liberace: pianista virtuoso, intrattenitore stravagante e figura originale del palcoscenico, del music hall, della televisione. Wladziu Valentino Liberace (il nome all’anagrafe del musicista nato in America da padre italiano e madre polacca) ha rappresentato in scena come nella vita privata tutto l’eccesso, il glamour e il kitsch che solo un  entertainer totale come lui poteva permettersi negli anni Cinquanta e Sessanta. Nell’estate del 1977 Liberace conosce il giovane Scott Thorson e, nonostante la differenza di età e l’appartenenza a mondi decisamente lontani, i due diverranno amanti per 5 anni.

Dietro i Candelabri racconta la storia d’amore, proibita e tenuta sempre segreta, tra Lee (come si faceva chiamare dagli amici il performer) e Scott, ruvido ragazzo cresciuto in un ranch. A dare volto e corpo a questi due personaggi ci pensano due signori attori: Michael Douglas, che senza alcuna inibizione e con grandissimo talento, mette da parte il suo machismo per interpretare un personaggio complesso, colorito e sfaccettato; Matt Damon, praticamente perfetto nel ruolo dei toy boy della grande star.

Soderbergh realizza un film opulento, perfettamente curato nella messa in scena e nei costumi, soprattutto, veri e propri tributi ad uno stile inconfondibile e (per fortuna) passato di moda. Il racconto, senza sbavature, procede in maniera lineare, concentrandosi su questa strana convivenza tra due persone che si amano ma che alla fine non riescono a rimanere insieme, tentando di ferirsi a vicenda.

Il film, lontano da toni propriamente drammatici, ha un che di beffardo e di intimamente divertito, caratterizzandosi per la rappresentazione di un personaggio profondamente e palesemente omosessuale, che però cerca di mantenere una parvenza di eterosessualità che poco gli si addice. Lo spettatore, rapito dal luccichio dei diamanti sui costumi di Liberace e abbagliato dal gusto per il trash che pervade tutto il film, rimane abbagliato per 117 minuti con una disposizione d’animo a metà tra il divertito e l’imbarazzato, senza avere il coraggio di distogliere lo sguardo dalla performance di un Michael Douglas davvero in forma smagliante.

Il film, nato come progetto televisivo ma che uscirà il prossimo 5 dicembre in Italia, ha fatto incetta di Primetime Emmy Awards riportando alla ribalta Steven Soderbergh, da troppo tempo succube della sua iperattività cinematografica.

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