Evelyne tra le nuvole, la recensione di una commedia “slow”

Amore e natura, tradizioni e modernità, nel nuovo film di Anna Di Francisca

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Una “commedia sofisticata” la definisce la sua regista, con dentro di tutto un po’, ma soprattutto “una commedia Green dall’andatura Slow” che potrebbe conquistare diversi di tipi di pubblico, soprattutto di quello della Anna Di Francisca di La bruttina stagionata. Dopo un paio di altri film, vari documentari, tanta televisione (da Un medico in famiglia a Le ragioni del cuore) e i monologhi teatrali de Le confidenze del pene (con Neri Marcorè, ricorrente nei suoi cast), la filmmaker milanese arriva in sala con il suo ultimo Evelyne tra le nuvole, prodotto e distribuito – dal 30 marzo – dalla Orange Film.

 

Protagonista assoluta la Eleonora Giovanardi (Quo vado?, La California) intorno alla quale si intrecciano le sorti – e le mire – dei vari Gilbert Melki (Destini in fiamme), Antonio Catania e Violante Placido, sulla scena moglie di Marco Maccieri e figlia di un ritrovato Andrea Roncato. Tasselli di un mosaico abruzzese, nel quale appaiono anche Lucia Vasini e la francese Claire Nebout.

Nel mondo di Evelyne

L’antico casale dove vivono Sofia e il fratello Claudio (Maccieri) è lontano da tutto, e fuori dal mondo, anche se non abbastanza. Visto che al suo agriturismo approdano turisti in cerca di pace, ma anche un imprevedibile rappresentante sostenitore dei benefici della bava di lumache e uno “straniero”, che punta a strappare un accordo per collocare il ripetitore di una nota compagnia telefonica internazionale che porterà il progresso non solo a Sofia ma a tutta la zona.

Rompendo un equilibrio naturale, nel quale la giornata è scandita dai ritmi della natura e della cura della mucca Evelyne, e familiare. Soprattutto per l’intenzione di Mario – e sua figlia Erika (la cognata di Sofia) – di lucrare sull’accordo e racimolare i soldi necessari a conquistare la Lepre d’Oro per i migliori cacciatori della zona. Interessi diversi, difficilmente conciliabili, come il far convivere natura e silenzi con la tecnologia, forse non sempre indispensabile a migliorare la nostra vita.

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In fuga dalla città, l’amore e le mucche

Non sembra esser cambiato molto nei dieci anni buoni trascorsi dal suo precedente Due uomini, quattro donne e una mucca depressa del 2012, una storia dalle molte analogie con l’attuale. Sia per il cast in grado di assemblare volti più o meno noti e qualche apparizione (da Miki Manojlovic e Maribel Verdù, al ‘solito’ Neri Marcorè, Serena Grandi e Marisa Paredes) sia per la scelta di regalare la ribalta a un’altra mucca. Una simpatia evidente della regista, che di nuovo con Evelyne tra le nuvole sembra esser mossa da un desiderio personale di trovare una forma filmica a pensieri e riflessioni proprie.

E che di nuovo pare affidarsi a un contesto umano lontano – e in fuga – dai ritmi cittadini, a scelte musicali non banali al limite del dissonante ed elementi ricorrenti (oltre alle mucche, anche la stessa musica e musicisti devono essere una passione della regista). Una costruzione molto studiata e curata, che a tratti perde di fluidità, con l’inserimento di personaggi e azioni meno naturali dell’ambientazione scelta – all’ombra della splendida Pietra di Bismantova che domina molte inquadrature – e un insistito uso del dialetto, che non migliora la situazione.

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Mattia Pasquini
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evelyne-tra-le-nuvole-anna-di-francisca-eleonora-giovanardiLa regista sembra esser mossa da un desiderio personale di trovare una forma filmica a pensieri e riflessioni proprie. E che di nuovo pare affidarsi a un contesto umano lontano dai ritmi cittadini, a scelte musicali non banali al limite del dissonante ed elementi ricorrenti. Una costruzione molto studiata e curata, che a tratti perde di fluidità, con l'inserimento di personaggi e azioni meno naturali dell'ambientazione scelta.