Giraffada
è un piccolo gioiello, un film poetico con tratti surreali che
prova a raccontare una realtà crudele e spietata come quella del
conflitto arabo- palestinese attraverso gli occhi di un bambino,
come se si trattasse di una favola surreale.
La storia ruota intorno a Yacine, un veterinario dello zoo di Qalqilya (Palestina) che vive solo con il figlioletto Ziad al confine con la West bank, la zona sorta vicino al muro di separazione dai coloni israeliani. Nello zoo, oltre ad una ricca varietà umana, c’è una fauna variegata dove svettano le due bellissime giraffe Rita e Brownie, la passione del piccolo Ziad. Ma una notte, durante un raid aereo, Brownie- spaventato dalle esplosioni- muore sbattendo la testa. La giraffa Rita smette di mangiare e comincia a lasciarsi morire, pur essendo incinta: l’unica soluzione per salvarla è rubare una giraffa maschio, trovandole così un nuovo compagno. Insieme alla giornalista francese Laura, reporter in cerca della verità nei territori devastati dalla guerra, Yacine e Ziad si mettono in viaggio, per portare a termine la loro pericolosa- e folle- missione.
Peripezie surreali e
fiabesche per salvare una giraffa, due vite, un mondo animale così
delicato e fragile sono le vicende che vedono però, sullo sfondo,
il dramma della guerra, la devastazione che attraversa un
territorio conteso e vessato da tempo immemore.
La “favola” animalista diventa una metafora più profonda per raccontare in generale l’umanità: in fondo i sentimenti che proviamo, empaticamente, per queste due giraffe e per la loro sorte, non possono non ricordarci che anche noi- dietro le sovrastrutture secolari che ci regolano e che determinano le nostre diverse società- siamo, in fondo, degli animali. Anche noi soffriamo e spesso per le stesse ragioni: il dramma di Rita e del suo piccolo, destinato a nascere e crescere senza padre, non ricorda in fondo il dramma del piccolo Ziad, cresciuto con l’amore immenso del padre ma senza l’affetto di una madre, morta prematuramente?
Il regista francese (ma palestinese di nascita) Rani Massalha confeziona un bel film per tutti dal tocco delicato e leggero, senza perdersi nelle assurde lotte tra fazioni politiche e ideologie diverse, bensì mettendo in risalto una storia universale che, a partire da un piccolo spunto, prova a raccontare una dimensione universale che coinvolge tutti gli essere umani e le logiche del sentimento che ci legano l’uno all’altro: un padre ad un figlio, un uomo ad una donna, gli amici e tutti gli esseri umani in generale, pronti ad aiutarsi nelle situazioni di pericolo e pronti a sacrificare tutto quello che hanno (come accade a Laura o a Yohav) in nome di un ideale più alto, in nome della libertà stessa, per permettere ad ognuno di vivere liberamente- e con coraggio- la propria esistenza, anche a costo di rischiare tutto e di mettersi in gioco fino in fondo.