Howard: la vita, le parole, recensione del documentario Disney+

Disponibile dal 7 agosto su Disney+, il documentario è diretto da Don Hahn che ha lavorato con Ashman per La Bella e la Bestia.

Howard: la vita, le parole recensione

Quando si pronuncia il nome di Howard Ashman non sono molte le persone che sanno chi sia. Persino tra gli appassionati della Disney e dei suoi classici d’animazione, il nome di Ashman è quasi sconosciuto. Anche allo scopo di colmare questa lacuna, Disney+ rende disponibile dal 7 agosto Howard: la vita, le parole, un documentario sulla vita e il lavoro di Ashman che, con le sue idee e intuizioni, ha contribuito a rivoluzionare per sempre la grammatica del cartone animato musicale e del musical in generale.

 

Da sempre amante del teatro, della musica e dello spettacolo dal vivo, Howard comincia la sua carriera come paroliere per le canzoni dei musical. Per tutti gli anni ’70 lavora a New York come sceneggiatore, ma fu alla fine di questo decennio, nel ’79, che avvenne l’incontro che cambiò per sempre la sua vita. Lavorò al musical God Bless You, Mr. Roosvelt insieme ad Alan Menken. Con lui, Ashman instaurò un’amicizia e una collaborazione proficua e duratura che andò avanti fino alla sua prematura morte per AIDS, nel 1991.

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Howard: la vita, le parole recensioneHoward Ashman alla Disney con Alan Menken

Nel 1982, dopo la realizzazione del musical La piccola bottega degli orrori, basato sull’omonimo film di Roger Corman, Ashman e Menken vennero notati dalla Disney che li scelse per lavorare ai suoi prossimi progetti, fino a che non arrivò il momento in cui entrambi furono coinvolti nella realizzazione de La Sirenetta. Si trattava della prima volta che Disney realizzava un film basato su una fiaba, a 30 anni dal flop economico che rappresentò La bella addormentata nel bosco. Il coinvolgimento di Howard Ashman cambiò per sempre volto alla Disney e lui fu trai principali artefici del Rinascimento Disney degli anni ’90.

La coppia scrisse tutte le canzoni de La Sirenetta, de La Bella e la Bestia e tre canzoni di Aladdin. Tutti questi brani sono diventati celebri, premiati con Oscar e numerosi riconoscimenti in tutto il mondo, ma non solo. L’apporto innovativo di Ashman cambiò la produzione del lungometraggio Disney; fu lui infatti a inventare la “I want song” ovvero un pezzo musicale cantato dal protagonista, in cui ci vengono presentati i suoi sogni, le sue aspettative. Scelse doppiatori che venivano dal teatro, mescolò il momento musicale con lo sviluppo della storia, tutti elementi diventati poi fondativi del canone d’animazione Disney.

L’eredità di Howard Ashman

La sua eredità si raccoglie ancora oggi, nei remake in live action di Aladdin e de La Bella e la Bestia (quello de La Sirenetta arriverà a breve) ma anche nella realizzazione vera e propria dei nuovi film d’animazione. Per fare un esempio concreto e alla portata di tutti, senza queste innovazioni e intuizioni non avremmo mai avuto All’alba sorgerò e la celebre sequenza di Frozen in cui Elsa libera il suo potere.

Howard: la vita, le parole racconta proprio questo grande talento, ma lo fa di pari passo con la sua vicenda umana che, involontariamente, divenne megafono di una condizione per la quale ancora oggi si lotta e si protesta. Ashaman era omosessuale e contrasse l’AIDS, faceva parte quindi di quella fetta di popolazione che divenne capro espiatorio perfetto in un momento in cui questa malattia era ancora profondamente sconosciuta, e a causa della quale gli omosessuali venivano demonizzati. E Ashaman usò proprio gli spazi artistici che gli venivano concessi per sfogare la sua frustrazione, puntare il dito contro una società aggressiva e spaventata, ma anche attaccare quella malattia che a poco a poco gli tolse tutto.

La malattia e l’opera

Senza mai naufragare nel manifesto politico, Ashman tradusse in note i suoi sentimenti e lo fece proprio nei film Disney. Due sono gli esempi più importanti di questa esperienza: il primo è la Canzone della folla de La Bella e la Bestia in cui il popolo spaventato dalla Bestia diventa violento e vuole annientarla, come simbolo di ogni suo male. Allo stesso modo, in quanto malato di AIDS e omosessuale, Howard Ashman si sentiva additato da una società che alla base era semplicemente spaventata e ignorante.

Il secondo e forse più doloroso momento in cui Ashman ha infuso il suo personale nel lavoro alla Disney, è stato quando ha scritto il testo di Humiliate the boy, la canzone che Jafar canta in Aladdin quando smaschera il protagonista di fronte a Jasmine e al Sultano. All’epoca Howard era apertamente malato, l’Aids stava cominciando a togliergli il senso del tatto, la vista, pian piano tutto il resto, e così nelle sue parole (della canzone che poi non fu inserita nel film), come Jafar spogliava Aladdin degli abiti, delle certezze e delle ricchezze, così la malattia faceva con lui, togliendogli pezzi della sua esistenza.

Un secondo addio ad Howard

A dirigere Howard: la vita, le parole c’è Don Hahn, produttore di lungo corso alla Disney che con Ashman ha lavorato a La bella e la bestia. Il film mostra tanti filmati d’epoca e immagini inedite della lavorazione e del dietro le quinte dei film Disney, e presenta anche tanti interventi degli attori che hanno lavorato con lui, dei colleghi, della sorella che ne ricorda il talento creativo prorompente già da bambino e del compagno, Bill Lauch, che forse più di tutti fa continuamente i conti con la sua prematura scomparsa.

Proprio per questa natura celebrativa e commemorativa, il documentario non indaga troppo nella vita dell’artista, ma la racconta come una carezza di conforto e diventa quasi un secondo addio per tutti coloro che lo hanno conosciuto in vita e una finestra su un personaggio interessantissimo per chi invece non aveva mai sentito parlare di Howard Ashman.

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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
howard-la-vita-le-paroleProprio per questa natura celebrativa e commemorativa, il documentario non indaga troppo nella vita dell’artista, ma la racconta come una carezza di conforto e diventa quasi un secondo addio per tutti coloro che lo hanno conosciuto in vita e una finestra su un personaggio interessantissimo per chi invece non aveva mai sentito parlare di Howard Ashman.