Il Mistero del Profumo Verde, recensione del film di Nicolas Pariser

Dopo la presentazione alla Quinzaine des Réalisateurs 2022, il film arriva nelle sale italiane dal 19 luglio.

Nicolas Pariser torna al cinema con il suo terzo lungometraggio, Il Mistero del Profumo Verde (Le parfum vert), dopo Le grand jeu (vincitore del Prix Louis-Delluc per la migliore opera prima) e Alice et le maire, che ha vinto il Label Europa Cinémas alla Quinzaine des Réalisateurs e il César per la migliore attrice per Anaïs Demoustier.

 

Passato ancora una volta per la Quinzaine des Réalisateurs del 2022, il film è un omaggio talmente ispirato al mondo dei fumetti di Hergé da sembrare un adattamento. Ma non è nulla di tutto ciò, poiché questa commedia spionistica ha avuto origine direttamente dalla mente del regista, incrociando come vettori ispiratori gli albi di Tintin e i film di Hitchcock.

Il Mistero del Profumo Verde, la trama: intrigo internazionale

Dopo la morte (per avvelenamento) di un attore nel bel mezzo di una rappresentazione teatrale della Comédie-Française, l’attore Martin Rémi (Lacoste) – che ha sentito le ultime parole del morto – viene seguito e rapito da mafiosi che lo portano in un maniero isolato a Rambouillet. Qui incontra un misterioso criminale che si perde a parlare di una apparente e rinnovata politicizzazione della gioventù, prima di liberarlo definitivamente nelle prime ore del mattino dopo avergli somministrato un tranquillante. Una volta tornato a Parigi, completamente confuso rispetto a ciò che gli è accaduto nelle ultime ore, si reca in una libreria specializzata in fumetti, avendo dedotto che il suo rapitore deve essere un collezionista.

È lì che incontra Claire Cahan (Kiberlain), un’autrice di fumetti in piena crisi familiare, che decide di accompagnarlo nella sua ricerca di risposte per sfuggire alle proprie preoccupazioni. Ricercato dalla polizia e involontariamente coinvolto in un’operazione internazionale, ma determinato a trovare Hartz (il suo rapitore, capo dell’organizzazione Le Parfum Vert), Martin si reca a Bruxelles con la sua nuova complice. Senza comprendere realmente i dettagli di questa vasta macchinazione, i due vengono infine catturati dai servizi segreti francesi, in questo continuo inseguimento tra gatto e topo.

Tra dolce follia e (troppa) seriosità

Fortemente influenzato dai primi fumetti di Hergé e dalla fase inglese del cinema di Alfred Hitchcock, con Il Mistero del Profumo Verde il regista ha voluto recuperare lo spirito di questi due mondi, ancorandoli però al XXI secolo, attraverso una cornice da commedia poliziesca e spionistica. La sceneggiatura, scritta da lui stesso, è ricca di originalità e mistero: un enigmatico omicidio alla Comédie-Française dà inizio a una caccia all’uomo internazionale, da Bruxelles a Budapest.

Il Mistero del Profumo Verde è indubbiamente un film affascinante, anche se non riesce a convincere del tutto. Manca un vero equilibrio tra cinema d’autore referenziale e narrazione efficace, obiettivo raggiunto da Truffaut con Finalmente domenica! e da Pascal Thomas con Due per un delitto, due modelli di commedia poliziesca francese basati su una coppia di dilettanti che conduce le indagini. Nicolas Pariser immerge inizialmente lo spettatore in un’adorabile e dolce follia, dove le risate e la meraviglia sono potenzialmente ad ogni angolo. Ma l’iperterrita intenzione di rendere ogni svolta di trama seriosa, ostacola purtroppo quella che aveva tutte le carte in regola per essere una commedia brillante.

Il Mistero del Profumo Verde (2023)

Investigatori agli antipodi

La piacevole energia trasmessa dal duo di investigatori formato da Vincent Lacoste/ Sandrine Kiberlain, che abbraccia pienamente i codici del genere, è sicuramente uno degli aspetti più appaganti del film. Purtroppo, man mano che la storia si dipana e il regista si allontana dal suo incipit stravagante, il ritmo inizia ad ingannarci e a disperdere la nostra attenzione, complice una trama traballante che non riesce a decidere tra la sottotrama sull’antisemitismo in Europa, il thriller spionistico e la commedia sentimentale.

Sia da soli che in coppia, le loro silhouette e le loro voci – spesso avvolte dal fascino di dialoghi deliziosi – sono ideali per rappresentare questi due personaggi fuori dal mondo. Lo spettatore si affeziona a loro fin dall’inizio e li seguono man mano che procedono nell’indagine e scoprono la grave cospirazione che minaccia il mondo, tratteggiando un racconto che diventa principalmente un giallo, con una frase in codice che potrebbe essere la chiave per risolverlo.

Il “profumo verde” in questione è un misterioso strumento informatico che non è altro che un MacGuffin, un pretesto per organizzare un lungo inseguimento in cui i nostri due protagonisti giocano al gatto e al topo con i loro inseguitori. Ma, poiché sia Martin che Claire non hanno nulla da perdere, diventano ben presto i cacciatori piuttosto che le prede, con un’ingenua incompetenza che diverte molto e che sminuisce volutamente la posta in gioco: una svolta interessantissima, forse la vera chiave che avrebbe svoltato il film, qualora avesse deciso di proseguire sulla strada della commedia quasi surreale.

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