Il ragazzo e l’airone: recensione del film di Hayao Miyazaki – #RoFF18

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Hayao Miyazaki, uno dei maestri dell’animazione giapponese e uno dei registi più visionari mai vissuti, torna sul grande schermo con Il ragazzo e l’airone. Era il 2013 quando, dopo la presentazione alla Mostra di Venezia di Si alza il vento, il sensei annunciò che si sarebbe ritirato dall’attività di produzione di lungometraggi d’animazione. Per fortuna, l’impulso creativo, la necessità di disegnare e di raccontare storie erano troppo forti, e così, a partire dall’ispirazione arrivata dal romanzo E voi come vivrete? di Genzaburō Yoshino (che dà il titolo originale al film) realizza il suo nuovo lungometraggio che, dopo una serie di proiezioni ai festival e l’uscita in Giappone e negli USA, arriva nelle sale italiane dal 1° gennaio 2024 distribuito da Lucky Red.

 

Il ragazzo e l’airone, la trama

Il ragazzo e l’airone è un raro caso, nel cinema di Miyazaki, in cui il protagonista della storia è un uomo, un ragazzo di nome Mahito Maki che, a distanza di un anno dalla morte della madre in un tragico incendio, combatte ancora con il dolore della perdita, mentre con il padre lascia il centro abitato di una Tokyo in guerra, per rifugiarsi in una villa in campagna, dove va a vivere insieme a sua zia Natsuko, che nel frattempo è diventata la nuova moglie del padre. In questo luogo affascinante ma sinistro, dalla storia antica, Mahito incrocia il suo cammino con un airone cenerino, che si rivelerà essere una specie di Virgilio, una guida per il ragazzo che sarà costretto ad attraversare una sorta di inferno, un mondo parallelo a quello in cui vive, per poter affrontare le sue paure, i suoi dolori, e ricominciare a vivere.

Sebbene sia volontà comune affermare che Il ragazzo e l’airone è il capolavoro della sua filmografia, appare molto più realistico parlare di una nuova gemma preziosa che il sensei aggiunge al tesoro inestimabile che è la sua filmografia.

Un nuovo inizio

Dopo il sapore “finale” (nel senso più vitale del termine) di Si alza il vento, film che per tanti anni è stato considerato il suo ultimo, era interessante scoprire cos’altro Miyazaki avesse da dire. La risposta, forse, è nascosta nella visione della vita, tipica della cultura giapponese, in cui niente finisce davvero, e ogni esistenza che trova il suo compimento poi riparte di nuovo da zero, come nel percorso artistico del grande maestro. Con Il ragazzo e l’airone, il regista sembra infatti tornare indietro, o meglio, ripartire dal via, imbastendo una storia ricchissima che si nutre di simbolismi e metafore, raccogliendo tutti i temi a lui più cari e raccontando di un personaggio che, mai come in questo caso, sembra un suo alter ego.

Il canone miyazakiano

L’elaborazione del lutto per la madre, l’orrore della guerra, la difficoltà di adattarsi a un nuovo status, sono tutti elementi che appartengono alla biografia di Hayao ragazzo e che sono stati sempre presenti nel suo cinema. Così come l’idea di un mondo fantastico che coesiste in una realtà parallela o sovrapposta a quella reale, in cui piccole creature popolano gli anfratti dell’esistenza, insieme a minacce spaventose, a figure eroiche e creature in continua trasformazione, come giovanissime donne che controllano il fuoco e bruciano dalla voglia di vivere, pur conoscendo la loro sorte.

Ne Il ragazzo e l’airone il piano della realtà è funestato dalla guerra (la scena d’apertura ricorda molto da vicino Una tomba per le lucciole di Isao Takahata), è un mondo in cui Mahito fatica ad adattarsi. L’arrivo dell’airone cenerino e la porta che questo gli apre sul piano della fantasia, su un mondo altro, si presenta come un’opportunità di rivedere la propria madre scomparsa, ma in fondo è anche un tentativo di fuga. Il giovane protagonista lascia il suo mondo proprio perché quello in cui vive non gli piace, ma nonostante l’esistenza certa di spiriti, mostri e parrottini giganti pronti a mangiare chiunque, nessun sogno, per quanto vivido e confortante è preferibile alla realtà in cui viviamo e Mahito dovrà capirlo a sue spese, occupando il suo posto nel nuovo ordine delle cose e accettando il compito che gli viene affidato di portare equilibrio e nuovo ordine, nuova vita e speranza nel (suo) mondo dilaniato dalla sofferenza.

Uno spirito creativo in continuo divenire

Lo stile di Hayao Miyazaki si conferma, dunque, ricco e composito che sorprende continuamente sia per le soluzioni narrative che il regista adotta, sia per l’immaginario che mette in scena, un mondo in continuo divenire, ricchissimo e pullulante di vita e creatività, proprio come il suo spirito creativo, la sua voglia di disegnare che gli ha fatto revocare la “pensione” auto-imposta e lo terrà al lavoro ancora per molto, ci auguriamo.

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Chiara Guida
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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
il-ragazzo-e-lairone-hayao-miyazakiLo stile di Miyazaki si conferma, dunque, ricco e composito che sorprende continuamente sia per le soluzioni narrative che il regista adotta, sia per l’immaginario che mette in scena, un mondo in continuo divenire, ricchissimo e pullulante di vita e creatività, proprio come il suo spirito creativo, la sua voglia di disegnare che gli ha fatto revocare la “pensione” auto-imposta e lo terrà al lavoro ancora per molto, ci auguriamo.