Nell’immediato dopoguerra, il Partito Comunista Italiano avviò un’iniziativa sociale per sostenere le famiglie del Sud, duramente colpite dal conflitto. Erano chiamati i “treni della felicità”, convogli che partivano dalle città devastate del Meridione verso il Nord. I vagoni erano pieni di bambini, accolti temporaneamente da famiglie più agiate che potevano garantire loro cibo e vestiti, in un tentativo di contrastare la povertà e il degrado. Dopo un periodo, infatti, avrebbero fatto ritorno dai loro cari.
Da questa vicenda, che è parte della nostra Storia, Viola Ardone trae ispirazione per il suo romanzo del 2019, Il treno dei bambini. Qualche anno dopo, Cristina Comencini ne presenta l’adattamento cinematografico alla 19esima edizione della Festa del Cinema di Roma, nella sezione Grand Public. La regista firma la sceneggiatura insieme a Furio Andreotti, Camille Dugay e Giulia Calenda, affidando i ruoli principali a un cast di grandi volti italiani: Stefano Accorsi nel ruolo di Amerigo da adulto, Serena Rossi, Barbara Ronchi e il giovane e promettente Christian Cervone. La pellicola, prodotta da Palomar, arriverà su Netflix il 4 dicembre.
Il treno dei bambini, la trama
Amerigo Speranza è un violoncellista famoso. Prima di uno spettacolo a teatro, viene raggiunto da una telefonata nella quale sua madre gli dice che sua madre è morta. Ma come è possibile? Nella scena seguente è il 1946. Amerigo è un bambino povero, che vive scalzo per le strade di Napoli contando le scarpe della gente. Scorrazza insieme al suo amico Tommasino e a volte fa dei lavoretti per portare qualche soldo a casa, dalla madre Antonietta, che cerca di crescerlo come meglio può. Finché non inizia a girar voce che il PCI sta organizzando dei treni per portare i bambini da famiglie più abbienti che se ne possano prendere cura per un periodo. Molte donne del quartiere cominciano a inveire contro l’iniziativa, spaventando tutti: dicono che li spediranno dai russi che li getteranno nel fuoco. La verità, però, è molto più dolce di quella descritta dalle signore e nasconde un atto di puro amore verso un Paese in ginocchio, che ha bisogno di ritrovare l’equilibrio partendo proprio dai bambini, gli uomini del domani. Seppur contrario alla partenza, una volta arrivato a Modena, Amerigo verrà accolto da Derna, che con i bambini proprio non ci sa fare. Amerigo le fa però riscoprire il suo lato materno, e una volta connessi, per i due sarà difficile separarsi.
Cosa definisce una madre?
Guardando Il treno dei bambini, è impossibile non pensare a ciò che sta succedendo nel mondo. I bambini che un tempo cercavano la felicità e la sicurezza sono gli stessi che oggi fuggono dalle guerre in Ucraina, Israele e Palestina. Passato e presente si intrecciano, dialogando tra loro e portandoci a continue riflessioni. Il film di Comencini si radica nel dopoguerra, che funge da scenario – ricordandoci però che la nostra realtà non è così lontana da quella di allora – per raccontare la storia di due madri. Chi è una madre? Cosa la rende tale? Sono domande che trovano risposta nelle figure di Derna e Antonietta, due donne agli antipodi per carattere e mentalità, ma profondamente simili quando si tratta di amare.
In un periodo in cui il concetto di maternità e il suo significato sono sempre più messi in discussione – basta pensare alle recenti leggi italiane – il film lancia un messaggio chiaro: madre è chi ama, indipendentemente dal legame biologico. Madre è colei che vede in un bambino un figlio, un legame che va oltre il sangue. E non esiste necessariamente una sola madre. Per Amerigo, entrambe lo sono, perché entrambe hanno costruito la sua vita, tassello dopo tassello, donandogli qualcosa di indimenticabile. Nel caso di Antonietta si tratta della musica, da cui imparerà ad avere l’orecchio per suonare il violino. Nel caso di Derna è la conoscenza e la possibilità di sognare.
Ronchi e Rossi: due interpreti d’eccezione
L’idea di fondo è potente, così come la storia che si porta sullo schermo. Barbara Ronchi e Serena Rossi dipingono il ritratto di due donne forti e vulnerabili allo stesso tempo, restituendoci la loro determinazione. Sono attrici mature, capaci di comporre le giuste espressioni sul volto per farci cogliere ogni sfumatura emotiva. Visivamente, la fotografia di Italo Petriccione rende bene le due facce del dopoguerra: da un lato la povertà e i colori spenti delle città devastate come la Napoli bombardata, dall’altro le tonalità più calde che avvolgono la tranquillità di Modena.
Comencini si concede spesso a scene di forte sentimentalismo, mirate a far scendere lacrime facili. Anche se a tratti questo può risultare eccessivo, il film riesce a raccontare una storia di vera bellezza, dove l’Italia, divisa ma mai arresa, ha trovato la forza di rialzarsi. E lo ha fatto grazie a molte donne come Antonietta e Derna, tanto diverse quanto unite, che hanno saputo collaborare per costruire il Paese che conosciamo oggi.
Il treno dei bambini
Sommario
Comencini si concede spesso a scene di forte sentimentalismo, mirate a far scendere lacrime facili. Anche se a tratti questo può risultare eccessivo, il film riesce a raccontare una storia di vera bellezza, dove l’Italia, divisa ma mai arresa, ha trovato la forza di rialzarsi. E lo ha fatto grazie a molte donne come Antonietta e Derna, tanto diverse quanto unite, che hanno saputo collaborare per costruire il Paese che conosciamo oggi.