Janis – Little Blue Girl recensione del documentario di Amy Berg

Un viaggio intimo e pungente dentro Janis Joplin. Janis – Little Blue Girl di Amy Berg non potrebbe essere descritto in modo diverso perché, in fondo, è così che è Janis.

 

L’avventura comincia a Port Arthur, in Texas, una città così lontana dai cambiamenti epocali che stavano accadendo da non poter comprendere la libertà di pensiero di questa adolescente cicciottella e mascolina. È doloroso scoprire come le battaglie delle donne moderne per l’uguaglianza ma anche per il semplice desiderio di sentirsi belle, sono state anche le battaglie di una delle rock star più amate di sempre.

Da adolescente, Janis era la classica cattiva ragazza ma senza esserlo veramente. Le piaceva uscire con i suoi amici, diceva parolacce, non si comportava a modo ma soprattutto, aveva idea troppo moderne per una cittadina del Texas: per questo gli altri compagni di classe la prendevano in giro. Ma le prese in giro continuano anche all’università quando Janis viene eletta ‘ragazzo più brutto dell’università’: i suoi amici diranno di non averla mai vista sconvolta come quella volta, ma Janis riesce comunque a superare il dolore, riservandolo in questa voce così potente da essere paragonata a quella di Billie Holiday e Areta Franklin.

È ormai il 1967 quando la Joplin e la sua band si esibiscono al Monterey Pop Festival. La cantante ottiene il successo straordinario che ha sempre desiderato ma, paradossalmente, ammetterà che “più si avvicina alla fama più questa sembra perdere di significato”. Ma nonostante questo, la cantante si sente pronta per fare il passo successivo e, con Sam Andrews, lascia la band per formarne un’altra. Mentre Joplin raggiunge il successo, tuttavia, la paura del fallimento e il costante bisogno del riconoscimento altrui tornano ad impadronirsi di lei e non la lasceranno fino alla morte, in una stanza d’hotel, il 4 ottobre 1970.

Pur utilizzando un approccio prettamente documentaristico, Amy Berg riesce a entrare negli angoli più bui dell’anima di Janis, il risultato è il racconto di una donna estremamente insicura e bisognosa del riconoscimento altrui ma coraggiosa e fedele a se stessa. Le interviste dell’epoca e le testimonianze raccolte da amici e parenti non fanno che consolidare l’idea di questa duplicità forte e continua nell’animo della cantante. Allo stesso tempo, però, è facile capire come il fil rouge del documentario sia il senso quasi oppressivo di solitudine che la cantante ha portato sulle spalle per gran parte della sua vita.

Amy Berg tratteggia un ritratto assolutamente umano con foto inedite della cantante da piccola e con frammenti del suo diario. Così Berg mette da parte la rockstar, lasciando lo spettatore faccia a faccia con Janis.

Il documentario uscirà nelle sale italiane l’8 ottobre. A doppiare la voce narrante, sarà Gianna Nannini.

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