Jersey Boys: recensione del film di Clint Eastwood

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Quattro ragazzi, la musica, il quartiere difficile e la voglia di riscattarsi attraverso un talento da coltivare. Potrebbe essere l’inizio di tante storie qualsiasi, invece è il principio di Jersey Boys, la trasposizione cinematografica dell’omonimo musical di Broadway al quale ha messo mano Clint Eastwood realizzando il suo ultimo film.

 
 

Ambientato negli anni ’50, Jersey Boys racconta dell’ascesa dei Four Seasons, il celebre quartetto entrato nella Rock and Roll Hall of Fame nel 1991 composto da Frankie Valli, Bob Gaudio, Tommy DeVito e Nick Massi. Dalla strada, dai furti, dalla piccola criminalità che incrocia la grande, i quattro si fanno strada fino al grande successo e all’inevitabile rottura.

Jersey Boys, il film

Progetto che doveva essere affidato a Martin Scorsese, Jersey Boys vede trai produttori esecutivi lo stesso Frankie Valli, ancora molto attivo nel mondo dello spettacolo, al quale va il merito di non aver realizzato un’agiografia, ma di aver conservato ogni particolare, anche i più tristi o scomodi, di una carriera lunga e di successo. Forse la necessità di raccontare conferisce al film una composizione slegata, con alcuni momenti che sembrano incasellati a forza nel flusso narrativo, ma allo stesso tempo la stessa esigenza mostra tutto quello che è stato, senza sconti.

Jersey Boys

Vincente è stata la scelta di Eastwood e della produzione di scegliere per i ruoli gli stessi attori di Broadway, che hanno consentito la presa diretta delle canzoni e un esito finale decisamente positivo. John Lloyd Young, Erich Bergen, Vincent Piazza Michael Lamenda interpretano i quattro protagonisti con un buon risultato soprattutto grazie anche alla somiglianza fisica con gli originali Four Seasons. Nel cast c’è anche l’incredibile Christopher Walken, assolutamente irresistibile nei panni del boss di quartiere Gyp, punto di riferimento e amico dei protagonisti.

L’84enne Clint Eastwood si dimostra ancora una volta all’altezza della situazione. Barcamenandosi tra la sua forte personalità registica e il solco molto preciso e profondo dato al testo dal successo teatrale, il regista si scalda con il tempo, riuscendo a portare a casa ancora una volta un buon film, che pur apparendo un po’ diverso da quello che è il suo stile e il suo tono, si ascrive sempre ai ‘miti della fondazione’ dell’americanità, questa volta da un punto di vista musicale.

Jersey Boys è non solo quanto di meglio si possa trovare al cinema adesso, ma è anche la conferma che la grandezza di un regista come Clint Eastwood non si misura solo dei capolavori e dai successi che produce, ma anche dal coraggio che si dimostra anche quando, come nel suo caso, non c’è bisogno di dimostrare più nulla. Con una partenza a diesel e un finale trionfante Jersey Boys è un film estremamente divertente, un omaggio alla musica, al coraggio e una scommessa vinta.

Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.

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