L’Illusionista: recensione del film di Sylvain Chomet

A pochi registi capita di vedere realizzato un proprio lavoro post mortem. E’ questo quello che è capitato con una sceneggiatura sepolta di Jacques Tati, L’Illusionista, disegnata e portata sullo schermo da Sylvain Chomet il regista nominato agli Oscar per Appuntamento a Belville.

 

L’Illusionista, il film

La storia è quella di un vecchio Illusionista che asta perdendo il suo pubblico a causa delle nuove generazioni che scoprono il rock e perdono la fascinazione per i trucchi di magia In un mondo in cui anche i bambini vogliono che il trucco sia svelato, l’illusionista incontra Alice, una ragazzina che lo seguirà e che crederà sempre, fino alla fine, che la sua magia è vera. Si tratta di un cartone animato old-fashion per una generazione abituato alla perfezione dell’animazione digitalizzata e ai colori sgargianti, ma il regista vuole dare esattamente l’effetto di animazione anni ’60, imperfetta e imprecisa ma per questo poetica.

Tuttavia il film scivola nella banalità e per quanto le premesse fossero nobili (si tratta infatti di una sceneggiatura che Tati scrisse pensando al difficile rapporto con la figlia) la storia non decolla, trasmettendo solo una profonda tristezza per le sorti del vecchio illusionista e un astio non troppo velato verso la ragazza che si dimostra ingrata e stupida. Unica cifra distintiva in un film noioso sono i personaggi di contorno, nostalgici clown reduci da un mondo che ha smesso di esistere.

L’Illusionista uscirà nei cinema italiani il 29 ottobre distribuito dalla Sacher Distribution.

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