L’uomo invisibile: la recensione del film con Elisabeth Moss

Un brillante rifacimento del classico dell'horror, capace di spaventare perché aderente ad una realtà nota allo spettatore.

L'Uomo Invisibile film recensione

Per rendere spaventoso qualcosa che non si vede, più che ricorrere in modo eccessivo a facili trucchi di post-produzione, è possibile avvalersi della pura e semplice messa in scena. È ciò che fa il regista e sceneggiatore Leigh Whannell, costruitosi una fama legando il proprio nome alle saghe horror di Saw e Insidious. Con L’uomo invisibile, interpretato da Elisabeth Moss, riporta ora a nuova vita uno dei classici dell’orrore targato Universal, riadattato affinché possa parlare in modo particolarmente intelligente di uno dei veri incubi odierni: lo stalking.

 

Il film ha inizio nel momento in cui Cecilia (Elisabeth Moss) fugge nella notte dalla villa del suo compagno Adrian, il quale si rivela essere una personalità possessiva e pericolosa. Settimane dopo la sua fuga, la protagonista apprende del misterioso suicidio del suo ex. Ma per quanto la cosa sembri certa, la donna sente di non essere al sicuro e piano piano si convince che Adrian non è morto. È lì fuori da qualche parte, solo che lei, né nessuno altro, possono vederlo.

L’uomo invisibile: la paura di ciò che non si vede

Che cosa può raccontare oggi una storia come quella dell’uomo invisibile? Questa poteva essere affrontata nel superficiale fine di dar vita ad un horror buono per spaventare un pubblico di coraggiosi, o attraverso una brillante rilettura che, oltre a generare quel clima di terrore richiesto dal genere, è in grado di dirci qualcosa su una delle tematiche più attuali del nostro tempo. Fortunatamente è stata questa seconda opzione a prevalere. L’uomo invisibile muove i primi passi a partire dal conflitto venutosi a generare nel momento in cui la donna protagonista lascia di nascosto il suo violento compagno. Un evento di cui spesso si ha notizia nel mondo reale, e che nel film segna il tema portante.

Ancor prima del reale manifestarsi del mostro che dà il titolo al film, il regista sceglie di costruire la necessaria atmosfera di tensione mostrando gli effetti che a livello psicologico minano la salute mentale della protagonista. Effetti che sono causa del controllo subito per anni dal suo ex, il quale era quasi arrivato a controllare anche cosa lei pensasse. Qualunque persona o rumore inconsueto diventano sentimento di minaccia, di un terrore che è annidato nella propria testa, che nessuno a parte chi ne è affetto può vedere. E trattando proprio di invisibilità, il regista sottolinea anche allo spettatore questa minaccia portando spesso e volentieri l’attenzione su inquadrature vuote, apparentemente innocue ma da cui potrebbe presentarsi all’improvviso il pericolo più inaspettato.

L’assenza diventa così più spaventosa di ciò che si manifesta concretamente. Ma anche se invisibile, non c’è nulla del villain che rimandi al fantasy. Decidendo di trattare tematiche estremamente concrete come la violenza sulle donne e lo stalking, il regista e sceneggiatore non poteva infatti tradirsi assegnando origini fantastiche all’uomo del titolo. Addio dunque a pozioni o incantesimi dell’invisibilità, con il personaggio che acquista la sua qualità in modo forse fantascientifico ma non implausibile, e con un ancor più evidente fine di perseguitare la sua vittima.

L Uomo Invisibile Recensione

Guardando L’uomo invisibile ci si trova allora davanti ad un prodotto in grado di incutere timore proprio per il suo essere aderente alla realtà, utilizzando la storia e il suo genere per un film che pone lo spettatore nelle condizioni di chi arriva ad avere paura anche della propria ombra. Se ciò avviene, è anche merito della protagonista Elisabeth Moss, distintasi negli anni per la sua bravura e che dà qui vita ad una performance sofferta e credibile, dove si alterna paura e frustrazione.

Il regista la rende protagonista di un film che affronta un timore universale, permettendole però, una volta scoperto il trucco, di divenire l’artefice del proprio destino. Si potrà contestare al film, e a ragione, che data la sua durata di due ore piene non mancano sequenze meno incisive, che rischiano di rendere altalenante il ritmo, ma per il suo valore tematico, e per la brillante messa in scena costruita in torno ad esso, L’uomo invisibile ha le qualità per affermarsi come un brillante horror che rilancia in modo intelligente una delle icone del genere.

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Gianmaria Cataldo
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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
l-uomo-invisibileSi potrà contestare al film, e a ragione, che data la sua durata di due ore piene non mancano sequenze meno incisive, che rischiano di rendere altalenante il ritmo, ma per il suo valore tematico, e per la brillante messa in scena costruita in torno ad esso, L'uomo invisibile ha le qualità per affermarsi come un brillante horror che rilancia in modo intelligente una delle icona del genere.