Dal 18 Novembre è disponibile in alcune sale italiane La persona peggiore del mondo, film del regista norvegese Joachim Trier che, dopo il successo del thriller sovrannaturale Thelma (2017) torna a farsi ispirare dalla cornice della nordica Oslo in un coming-of-age 2.0, quello di Julie: protagonista indiscussa di una storia di anima e corpo, l’interpretazione fenomenale dell’attrice Renate Reinsve è stata riconosciuta dal Prix d’interprétation féminine a Cannes.

 

La persona peggiore del mondo: un coming of age sospeso tra anima e corpo

La persona peggiore del mondo parla in modo inedito, fin dal prologo, a noi giovani: siamo nati in un mondo che non ci regala nulla, dice Julie, eppure in qualche modo si aspetta ancora di più da noi: non molto tempo fa, era la norma per gli adulti tra i 20 e 30 anni avere tutto sotto controllo: un coniuge, una carriera avviata, dei bambini – almeno una di queste cose e meglio ancora se tutte e tre. I giovani d’oggi sono intrappolati in questo strano purgatorio tra l’aggrapparsi all’essere bambino e l’età adulta. Ci viene concesso più tempo per diventare chi vogliamo essere ma c’è più pressione che mai per riuscirci.

Entra in scena così Julie (Renate Reinsve, la gemella perduta di Dakota Johnson), una norvegese volubile che pensa di non essersi mai impegnata fino in nessuna cosa. Un’adolescente ambiziosa, si è dilettata in medicina prima di scoprire che era più interessata alle questioni dell’anima che al corpo e passare allo studio della psicologia. Così, si taglia e si tinge i capelli, lascia il suo attuale fidanzato, prima di bruciare anche questo percorso accademico, cambiando idea ancora una volta e diventando fotografa. Non sorprende che anche la fotografia riesca ad annoiare Julie che, ben presto, decide di passare al prossimo nuovo taglio di capelli, un successivo ragazzo e a un’ulteriore professione.

Prima di questo montaggio vorticoso, tabella di punteggio sulla vita di Julie fino a quel momento (montato con precisione da Olivier Bugge Coutté e impreziosito dalla colonna sonora di Ola Fløttum), La persona peggiore del mondo spiega cosa sta per succedere: questo sarà un film composto da dodici capitoli, con tanto di prologo ed epilogo. Forse la storia che Julie non è ancora riuscita a mettere per iscritto?

La persona peggiore del mondo è lo scrapbook frammentato di Julie, che anela all’autorealizzazione accorpando forzatamente ritagli di vita, senza rendersi conto che non li sta realmente sperimentando. Lo scorrere del tempo dei 12 capitoli non è mai cronometrato in modo coerente, andando a creare una patina narrativa in cui non sappiamo mai quanto tempo è trascorso, ma sappiamo che ne è passato: il tempo scivola via inesorabilmente dalle mani di Julie, burattinaia dei fili di una vita che la immobilizzano.  Ogni capitolo ha come protagonista una Julie che è leggermente diversa ma anche la stessa di sempre, con lei che si evolve lentamente come risultato degli eventi della scena precedente, ma abbastanza distintamente da permetterci di notare queste alterazioni e l’inizio della formazione del suo io più completo.

Quando finalmente raggiungiamo il suo presente, ha intrapreso una relazione a lungo termine con un fumettista di 44 anni di successo di nome Aksel (Anders Danielsen Lie), la cui prospera carriera le ha dato la stabilità di lavorare di giorno in una libreria mentre si prende il tempo di decidere su cosa voglia puntare dopo. Alla fine riesce ad affermarsi come scrittrice di talento, pubblicando un saggio controverso intitolato Sesso orale nell’epoca del #MeToo.

la persona peggiore del mondo joachim trier

La persona peggiore del mondo è un inno alla multidimensionalità vitale

Come riprendersi in mano una vita che scorre agli occhi degli altri ma non dentro di sé? Julie dovrà capire che cambiare ed evolvere costantemente è essere vivi; siamo fatti per essere malleabili nello spirito come lo siamo nella carne, ma rimanere in un posto o liberarsi dell’altro non è indicativo di una vita meno vissuta. Il nucleo di La persona peggiore del mondo rimane questo: l’idea che il capire e comprendere è parte integrante dell’essere, non del diventare.

La sceneggiatura di Trier – scritta in collaborazione con Eskil Vogt (Thelma, Oslo, August 31st) è una sincera lettera d’amore per gli animi vagabondi, che emana un’immensa empatia per Julie nonostante le sue battute d’arresto o i suoi difetti e non giudica mai il suo viaggio, permettendo al pubblico di formare le proprie opinioni sulle sue scelte in scenari controversi, invece di fornire una prospettiva fissa attraverso cui valutare le sue decisioni. Mentre un film minore avrebbe giocato sul “triangolo amoroso” tra Julie, Askel e Eivind, Trier e Vogt presentano semplicemente gli aspetti positivi e negativi di entrambi i partner, senza che nessuno sia esplicitamente un “buono” o un “cattivo”, come spesso accade nella vita; gli esseri umani sono più di queste riduttive categorizzazioni, e La persona peggiore del mondo è onesto su questa multidimensionalità, con tutti e tre i protagonisti pienamente caratterizzati.

Una caratterizzazione così completa permette anche al film di sovvertire le aspettative, poiché, nonostante il materiale narrativo abbia una base familiare, La persona peggiore del mondo si separa da storie simili allontanandosi dai ruoli stereotipati del genere e dalla tradizionale struttura in tre atti, svolgendosi come la vita stessa piuttosto che sentirsi vincolato a certe convenzioni o cliché, rendendo il viaggio di Julie nel complesso molto più significativa e memorabile.

La persona peggiore del mondo è indeciso come la sua eroina infinitamente curiosa, ma è un ritratto rinvigorente ed estremamente gentile che trasmette in maniera inedita l’idea che il viaggio è altrettanto – se non più – cruciale del posto in cui finiamo.

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