La scoperta dell’alba: recensione del film di Susanna Nicchiarelli

La scoperta dell'alba film recensione

Con La scoperta dell’alba la regista Susanna Nicchiarelli è al suo secondo lungometraggio, tratto dall’omonimo romanzo con cui Walter Veltroni ha fatto il suo esordio nel mondo della narrativa.

 

In La scoperta dell’alba il Professor Mario Tessandori viene ucciso con sette colpi di rivoltella da due brigatisti, nel cortile dell’università e sotto gli occhi di tutti. Muore tra le braccia di Lucio Astengo, suo amico e collega. Poche settimane dopo, Lucio Astengo scompare nel nulla. Siamo nel 2011. Caterina e Barbara Astengo, che avevano sei e dodici anni quando è scomparso il padre, mettono in vendita la casetta al mare della famiglia, oramai abbandonata da tempo. La casa è piena di ricordi di un’infanzia interrotta dalla sparizione del papà, di una famiglia spezzata e mai più ricomposta. In un angolo, c’è un vecchio telefono ancora attaccato alla presa. È uno di quei telefoni con la rotella, che fa nostalgia solo a guardarlo: Caterina solleva la cornetta e scopre che dà segnale di libero. Il fenomeno è inspiegabile, la linea è staccata, prova a fare dei numeri ma il telefono rimane muto… poi, quasi per gioco, le viene in mente di provare a fare il numero della loro casa di città di trent’anni prima. Questa volta, dall’altra parte sente squillare: le risponde una voce di bambina…

La scoperta dell’alba, il film

Dopo Cosmonauta, la Nicchiarelli adatta e riscrive il romanzo di Veltroni, trasformando il protagonista maschile in una donna priva dei cliché di cui soffriva il personaggio del libro che però trova un grande sbarramento nell’assenza di ritmo e nella capacità di rapire l’attenzione dello spettatore, inversamente proporzionale all’infittirsi del mistero. Sebbene la Nicchiarelli metta insieme un cast di attori che non hanno bisogno di mettersi alla prova, come la sempre ottima Margherita Buy o Sergio Rubini, che riesce a dare quel tono di leggerezza anche nei momenti più drammatici, poco felice risulta la scelta di cambiare la prospettiva della Buy, tendenzialmente ingabbiata nel ruolo della moglie depressa e tradita ribaltando l’asse e trasformandola di fatto in compagna traditrice e depressa. Così come poco vincente risulta l’inserimento di svariate storyline oltre a quello principale di dubbio interesse per il pubblico e per lo svolgimento stesso della narrazione.

Nota di merito va comunque alla regista che si riserva anche la parte di attrice, nel tentativo di portare una serie di elementi atipici per il cinema italiano in una pellicola dal soggetto interessante che purtroppo si scontra con il solito già visto di certo non aiutato da una sceneggiatura a volte banale o implausibile. Un esperimento riuscito a metà che non riesce a far empatizzare il pubblico con i personaggi ma che va comunque lodato per la prova a cui la regista sottopone il genere, nel tentativo maldestro di portare una ventata di novità.

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