L’apprendista stregone: recensione del film

L’apprendista stregone (The Sorcerer’s Apprentice) è  il film del 2010 diretto da Jon Turteltaub e con protagonisti Nicolas Cage e Jay Baruchel.

 

Di fronte ad un Jerry Bruckheimer sempre meno re Mida di Hollywood arriva nelle sale anche quest’ultima fatica del produttore, che nonostante le speranzose premesse non riesce nemmeno con questo titolo a guadagnarsi lo scettro di migliore incasso dell’estate, e si aggiunge alla delusione di inizio stagione Prince of Percia.

La storia: una vicenda a metà strada tra il cinema di supereroi e il gusto per il mistico della saga di Harry Potter; destinato a essere l’erede di Mago Merlino, l’adolescente Nerd (Jay Baruchel) viene contattato dallo stregone Nicolas Cage, che lo addestra alle arti magiche (non senza qualche dejavù che ricorda molto il Sam di Transformers) per difendere il mondo dalla minaccia di un’antica strega e dallo stregone traditore che la vuole risvegliare, un simpaticamente crudele e bravo Alfred Molina.

Il problema è che il succo regge ben poco e con un finale privo di attrattiva il film a stento decolla. Senza nominare anche la pessima Bellucci che come presenza è sempre un bel vedere ma quando inizia a parlare in sala suscita soltanto molte risate e non dovute a qualche battuta esilarante ma bensì alla sua voce che è poco affascinante rispetto al resto.

Al film non basta il riferimento esplicito al classico della Disney, Fantasia, che pur presta il titolo originale al film, e a parte una citazione del cortometraggio in una scena dove (Nerd Jay Baruchel attendendo l’arrivo della sua bella, decide di lanciare un incantesimo su scope e ramazze per pulire il suo laboratorio senza faticare) il non male Baruchel si sostituisce al Topolino disneyano, rimane solo un breve tratto che inevitabilmente ribadisce un concetto chiaro che a Hollywood ormai sembra quasi religione: il rifarsi a un marchio per ragioni dettate dal sostegno di un marketing preesistente e a buon mercato (che nasce dal ricordo degli originali), che consente a registi, attori e sceneggiatori di mandare avanti la macchina cinema in tempi di crisi economica (e creativa).

Tutto sommato il film comunque non è del tutto disastroso, e a dirla tutta Nicolas Cage non è poi così male, c’è di peggio. Ormai il povero Nicolas è caduto in un uragano pregiudiziale della critica americana che non manca occasione per distruggere quel poco che riesce a combinare. Anche la regia di Jon Turteltaub sembra abbastanza onesta e servizievole. I due giovani sembrano abbastanza buoni e sicuramente (non me ne vogliano male i fan di Twiligth) la Kirsten Stewart in versione bionda la rivedremo molto presto.

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