L’Infanzia Di Un Capo recensione del film di Brady Corbet

L'Infanzia Di Un Capo

Girato da Brady Corbet in 35mm, L’Infanzia Di Un Capo si ispira liberamente all’omonimo racconto del 1939 di Jean-Paul Sartre e al romanzo ‘Il Mago’ di John Fowles. Il film, interpretato in inglese e francese, racconta la vita del giovane Prescott (Tom Sweet) che vive una vita apparentemente agiata in una villa fuori Parigi appena dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. Il padre (Liam Cunningham), consigliere del presidente americano Wilson, lavora senza sosta ai negoziati per il trattato di Versailles mentre la madre (Bérénice Bejo) vive una vita austera, apatica e solitaria, senza vizi né gioie. La famiglia riceve spesso visite dall’amico di famiglia Charles Marker (Robert Pattinson), un intellettuale liberale e socialista amante della bella vita. Poiché il padre è spesso fuori città  e la madre non ha interesse per le faccende domestiche, la casa è gestita dalla gentile e anziana governante (Yolande Moreau), forse l’unica vera amica del ragazzo.

 

L’Infanzia Di Un Capo, diviso in quattro capitolo (o ‘scatti d’ira’ del giovane Prescott), è un film volutamente tenebroso e cupo grazie all’eccezionale fotografia di Lol Crawley. L’oscurità è presente in ogni scena del film, molte delle quali si svolgono quasi completamente al buio. I paesaggi sono tetri, gli abiti neri, i volti tristi e severi: tutto lascia pensare che il regista voglia rappresentare un lutto globale causato dai terribili eventi della Prima Guerra Mondiale. Soltanto la giovane insegnante di francese (Stacy Martin) veste di bianco,  come se fosse la sola bellezza rimasta in un mondo triste e distrutto. Tuttavia, l’oscurità mostrata in scena impallidisce  di fronte a quella celata dai protagonisti. La religiosa madre di Prescott, sempre vestita di nero, è colei che più di ogni altro personaggio insegna al figlio la lezione più importante per la formazione del giovane: la giustizia, in verità, è soltanto prevaricazione. Allo stesso tempo, però, la donna cerca di infondere nel figlio i valori e le virtù della fede cristiana. I messaggi contraddittori della madre confondono la giovane mente di Prescott che viene trascinato a messa ogni domenica e dove gli viene insegnato il potere del perdono, della pace e della gentilezza. Nei fatti, però, la donna mostra in più occasioni che il potere si ottiene e si applica facendo soffrire chi è più debole, chi ha commesso un torto e chi ha più bisogno di aiuto e comprensione.

Il film vorrebbe mostrarci come i capricci di un bambino e i conseguenti castighi possano  portare quasi automaticamente un giovane a divenire un leader fascista: in questo il regista fallisce completamente. Seppur Prescott capisca in giovane età quanto il potere possa essere malvagio e indifferente, non bisogna dimenticare che si tratta pur sempre di un bambino e i giovani possono talvolta essere cocciuti, insolenti, arroganti e sessualmente frustrati: fa parte del processo di crescita di ogni adulto. Inoltre, Prescott è circondato da persone che gli vogliono bene, che lo trattano amorevolmente e che lui, a sua volta, tratta inizialmente con rispetto e gentilezza. Il padre, sebbene sempre impegnato in faccende politiche, non dimostra mai d’essere un genitore distante ma, anzi, è molto comprensivo nei riguardi del giovane figlio. La governante difende più volte Prescott dalle severe punizioni della madre. Gli scatti d’ira non rendono necessariamente una persona un dittatore e, in questo senso, il film sembra affrettato nel rivelare il suo messaggio, cioè che un bambino frustrato da una famiglia severa debba per forza volgersi al male: è una conclusione sbrigativa e contraddittoria a cui Corbet dedica troppa poca pazienza e attenzione.

L’Infanzia Di Un Capo è un film ambizioso che, almeno formalmente, trionfa soprattutto grazie all’interpretazione eccezionale di tutto il cast, sempre sobria e contenuta. Tuttavia, l’eccellente regia di Corbet sembra voler manipolare lo spettatore così che accetti alcuni messaggi forzati o talvolta implausibili, grazie anche all’incalzante colonna sonora di Scott Walker, a volte utilizzata maldestramente dal giovane regista per manovrare la comprensione del pubblico.

Il film di Corbet chiede allo spettatore di cercare nel film molti più significati di quelli che sono in realtà presenti, obbligandolo infine ad accettarne uno solo. Seppur egregiamente diretto, L’Infanzia Di Un Capo è un film severo, incontestabile e autoritario come i suoi protagonisti.

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