Loving Pablo: recensione del film con Javier Bardem e Penelope Cruz

Loving Pablo - Fernando León de Aranoa

Ci aveva già pensato qualche anno fa Andrea Di Stefano con il suo Escobar a raccontare la storia del famoso e temuto Pablo Escobar senza ottenere un grande successo per poi cedere il testimone alla fortunata serie targata Netflix, Narcos, ormai arrivata alla terza stagione, amatissima dal pubblico. Stavolta però è il regista Fernando León de Aranoa a tentare ancora una volta di avvicinarsi alla figura di Pablo Escobar, presentando alla Mostra del Cinema di Venezia il suo ultimo film, Loving Pablo, con Javier Bardem e Penelope Cruz.

 

Tratto dal romanzo Loving Pablo, Hating Escobar, il film racconta la storia dell’ascesa e del declino del signore del narcotraffico, Pablo Escobar, interpretato da Javier Bardem, dal punto di vista di una delle sue amanti, la più famosa, la giornalista Virginia Vallejo (Penelope Cruz), anche autrice del libro. La storia comincia nel 1983, anno dell’incontro di Virginia e Pablo in un’occasione mondana, data anche dell’inizio della loro lunga e travagliata relazione.

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Partendo dall’interessante punto di vista di Virginia, purtroppo il regista Aranoa non riesce a sviluppare bene la storia trasformando il suo Loving Pablo in una sorta di pessima fiction nazional popolare. Nonostante gli strepitosi Javier Bardem e Penelope Cruz – di nuovo fianco a fianco a quasi dieci anni di distanza da Vicky Cristina Barcelona di Woody Allen -, il film non riesce proprio a spiccare il volo; alla sceneggiatura raffazzonata e poco convincente si aggiunge l’interpretazione quasi macchiettistica in alcuni punti della Cruz che continua, come il suo collega Bardem per tutta la durata del film, a recitare in un inglese dal marcato e fastidioso accento spagnolo. La scelta del bilinguismo di Loving Pablo disorienta e irrita ma non è purtroppo l’unica pecca del film; nella prima parte lo spettatore viene guidato dalla voce narrante di Virginia che, con poche semplici frasi ad affetto, introduce un nuovo capitolo della storia. Tuttavia questo espediente viene poi abbandonato bruscamente quando si avvicina la fine di Pablo e quindi la storia tra lui e Virginia passa in secondo piano, rivoluzionando la struttura iniziale del film.

Loving Pablo - Fernando León de Aranoa

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Tutto è troppo esagerato e sopra le righe, dall’accento della bella Penelope, al suo look eccessivamente volgare, senza dimenticare il trucco di Bardem che, in alcune scene finali, sembra la caricatura di Pablo Escobar. Ma se i protagonisti proprio non riescono a brillare, i personaggi secondari sembrano avere una marcia in più; un esempio lampante è quello di Peter Sarsgaard che, anche se confinato ad un ruolo decisamente marginale come quello dell’Agente Neymar della DEA, riesce comunque ad avere i suoi quindici minuti di gloria e ad essere molto più incisivo della coppia Bardem-Cruz. Nonostante le buone intenzioni di Fernando León de Aranoa e di Javier Bardem – anche produttore per l’occasione – il biopic Loving Pablo risulta un film assai approssimativo, con pesanti problemi alla sceneggiatura e confusionario nella sua messa in scena. Ci dispiace dirlo ma, se davvero siete alla ricerca di un prodotto di qualità che vi racconti la storia di Pablo Escobar, Narcos è ancora la scelta migliore.

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Carolina Bonito
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Carolina Bonito
Appassionata di cinema e televisione sin dai tempi del Big Bang, è adesso redattrice di Cinefilos e Cinefilos Serie tv e caporedattrice per Lifestar.
loving-pablo-di-fernando-leon-de-aranoaTutto è troppo esagerato e sopra le righe, dall’accento della bella Penelope, al suo look eccessivamente volgare, senza dimenticare il trucco di Bardem che, in alcune scene finali, sembra la caricatura di Pablo Escobar.