Caos, sogni, corse e speranze, Maria per Roma racconta le 24 ore di una donna completamente assorbita da una città. Maria sogna di fare l’attrice ma sopravvive naturalmente grazie a un altro lavoro. Fa la key-holder, ovvero custodisce le chiavi dei lussuosi appartamenti in affitto nel centro della città per i facoltosi turisti che possono permettersi di prenderle in affitto per un breve soggiorno. Tra un lavoro che la costringe a fare la trottola, letteralmente, per le viuzze dissestate del centro, un sogno che ostinatamente continua a coltivare, una cagnetta, apparentemente unica amica, una madre che cerca di tenerla con i piedi per terra e un uomo, unica anima che sembra capirla e accoglierla, Maria affronta, a cavallo di uno scooter, con energia e senza mai cedere una giornata frenetica che la porta, letteralmente, dalle stelle alle stalle.
Maria per Roma racconta le 24 ore di una donna assorbita da una città
Film basato su un’idea interessante,
l’opera prima di Karen Di Porto sembra un omaggio alla
bruttezza. Dimenticate la Roma da cartolina che siamo abituati a
vedere al cinema (vedi La Grande Bellezza). La
città che ci racconta Di Porto è quella che vede e
vive chi la conosce: crudele, caotica, che fagocita chiunque osi
sognare. Non mancano chiaramente le location storiche o
glamour, ma Roma, vero e proprio personaggio protagonista, è per lo
più corse forsennate, imprevisti, turisti impazienti (alcuni
parecchio scortesi), telefonate, lavori che abbrutiscono,
umiliazioni e desideri che non si avverano. Nella tragicità degli
eventi che racconta, la Di Porto adotta però un
tono allegro, un contrappunto musicale brioso che cozza con gli
avvenimenti e anche con lo stile di regia, rozzo e approssimativo,
scelta estetica deliberata o forse semplicemente
inesperienza.
Da attrice, l’affascinante Karen adotta un registro sopra le righe, un eccesso di espressività teatrale non solo nel suo modo di affrontare la camera ma una scelta che si rivela anche nella direzione degli attori, ritratti con ngolazioni espressionistiche che sortiscono l’effetto di caricare i toni di dialoghi e discorsi.
Maria per Roma è un film rozzo nella forma, che tenta di raccontare, e questo però lo fa molto bene, una vita disordinata, comune a molte persone reali in vero, di una persona che si scontra con l’impossibilità di concretizzare le aspettative che la società (la madre, la stessa protagonista) ripone in una vita che si riduce a una forsennata corsa contro il tempo.