20 anni fa, quando arrivò al cinema Tentazioni d’Amore, suo film d’esordio dietro alla macchina da presa, Edward Norton lesse Motherless Brooklyn, del newyorkese Jonathan Lethem. A distanza di tutto questo tempo, l’attore e regista, qui anche in veste di sceneggiatore, riesce a tradurre in immagini quelle pagine che tanto lo avevano coinvolto. E sembra davvero che Norton lo abbia fatto per se stesso e per avere la possibilità di appropriarsi di un personaggio incredibile: l’investigatore Lionel Essrog, affetto dalla sindrome di Tourette.
Durante un’indagine particolarmente spinosa, il capo e mentore, nonché grande amico di Lionel, Frank Minna, muore, ucciso da misteriosi personaggi che tramano nell’ombra. La sete di vendetta e l’esigenza di scoprire la verità mettono Lionel a contatto con un caso di corruzione estesissimo, che arriva fino ai vertici della politica cittadina, nel momento in cui New York si sta espandendo, e il fumo degli anni ’50 si dirada per fare spazio alla luce della modernità.
Edward Norton contamina Motherless Brooklyn
Edward Norton compie un lavoro di grande raffinatezza nel comporre una storia che, partendo dalle pagine di Lethem, si distacca completamente dall’originale e si protende verso la contemporanietà, parlando il linguaggio del noir, raccontandolo con il ritmo del jazz, costellandolo di personaggi modernissimi e senza tempo, scrivendolo talmente tanto denso di parole e inquadrature da risultare sovraffollato, esagitato, quasi che il regista (anche attore e sceneggiatore) abbia avuto la necessità di dire sempre di più di quanto non riuscisse a mostrare con una sola immagine.
Motherless Brooklyn è un grande omaggio, non solo al genere, ma anche a quella New York che è davvero la città più importante del mondo e che in quanto tale racchiude il bello e il brutto di un mondo che purtroppo continua a fare del cinismo la sua arma più potente. Contro questa piaga dilagante si staglia il Lionel di Norton, un personaggio puro, malato eppure consapevole che la sua malattia non costituisce un freno, non lo giustifica dall’essere un uomo che subisce la vita.
Motherless
Brooklyn è una sinfonia jazz
Ispirazione del romanzo di partenza, il film presenta una fortissima eco di polanskiana memoria, quel Chinatown che è anch’esso cardine e rivoluzione del noir. In questo caso, però, Norton non ha né lo spessore né la cattiveria di Polanski, forse non è così realista, e sceglie di affidarsi a due eroi puri, che in qualche modo riescono ad affrontare lo sporco della società con il quale entrano in contatto.
Protagonista, importante almeno quanto Norton stesso, la colonna sonora del film è un vero gioiello: da Thom Yorke dei Radiohead a Flea dei Red Hot Chili Peppers, passando per il jazz strumentale di Wynton Marsalis, Joe Farnsworth, Russell Hall, Isaiah J. Thompson e Jerry Weldo, Motherless Brooklyn fa dell’accompagnamento musicale una presenza costante, talvolta invasiva, ma in molti casi capace di colmare qualche lacuna di adattamento nel lavoro di Norton.
Nell’ansia di dire tutto, Edward Norton cade nel tranello di dire troppo, affollando senza motivo un film che già nelle suggestioni scenografiche e narrative racchiude il suo maggiore elemento di fascino.