My old lady: recensione del film con Maggie Smith

My old lady

My old lady è l’adattamento di una fortunata pièce, già diretta dal regista e sceneggiatore Israel Horovitz – alle spalle una lunga e brillante carriera di drammaturgo – che ha voluto farne anche la sua prima regia cinematografica.

 

In My old lady Mathias Gold (Kevin Kline) è un newyorkese spiantato che eredita dal padre un lussuoso appartamento a Parigi. Parte così per la capitale francese con gli ultimi soldi, determinato a venderlo e ricavarne quanto basta per rifarsi una vita chissà dove. Al suo arrivo, scopre però che si tratta di una nuda proprietà: di aver “ereditato” cioè assieme all’appartamento, anche l’anziana signora che lo abita, Mathilde Girard (Maggie Smith). Mathias potrà vendere la casa solo alla morte della donna, che intanto vive lì assieme alla figlia Chloé (Kristin Scott Thomas) e ha diritto a un cospicuo assegno mensile. Mentre cerca, nonostante tutto, di organizzarne la vendita, Mathias conosce le due donne e scopre con sorpresa di avere in comune con loro ben più di quell’appartamento.

In una sempre affascinante Parigi, ecco un godibile lavoro che parla d’amore, tradimento, responsabilità familiari, vecchiaia. Ma soprattutto, del rapporto genitori-figli, delle conseguenze subite da questi ultimi a causa delle scelte dei primi, di come il sacrificio, il prevalere del senso di responsabilità di padri e madri, che li allontana da ciò che realmente desiderano e li rende infelici, non possa non ripercuotersi sui figli, causando difficoltà nel rapporto con loro. Si cercano le radici di queste difficoltà e mancanze, che hanno minato alle fondamenta le esistenze di Chloé e Mathias, ormai sessantenni, e dell’insicurezza che ne consegue. Ma Horovitz insiste sulla capacità di ciascuno di emanciparsi e sulla necessità di non usare i vuoti affettivi come alibi per la propria rassegnazione.

My old lady

My old lady: dal teatro al cinema

Si tratta però, al tempo stesso, di una commedia brillante, ben costruita, caratterizzata da un raffinato senso dello humour, con echi di Wilde e Beckett, da dialoghi acuti, e sorretta da tre interpreti di prima grandezza: i premi Oscar Maggie Smith (perfetta nel ruolo della scrupolosa e previdente vecchina inglese) e Kevin Kline (nei panni di chi non riesce a liberarsi di un doloroso passato, newyorkese sconfitto, cui si offre una seconda possibilità), e la candidata all’Oscar Kristin Scott Thomas (figlia premurosa, ma donna infelice e frustrata). Il dolce, l’amaro e il comico si fondono abilmente. Una certa prevedibilità sconta però l’intreccio sentimentale che coinvolge Mathias e Chloé.

L’ambientazione parigina è curata e suggestiva, senza essere patinata. La presenza di Dominique Pinon, attore legato ai lavori di Jean-Pierre Jeunet, riporta poi lo spettatore al più estroso Il favoloso mondo di Amélie, complice anche un breve tema musicale vicino alle sonorità di Yann Tiersen.

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