Nest – Rimani al sicuro: recensione dell’apocalisse claustrofobica

Arriva in sala l'opera prima di Mattia Temponi, a distanza di due anni

Nest - Rimani al sicuro recensione

E’ la Blu Yoshimi di Piuma e Il sol dell’Avvenire la protagonista femminile del film d’esordio di Mattia Temponi, Nest – Rimani al sicuro, un’opera prima vista a Trieste al TSFF 2021 e che solo da giovedì 25 maggio arriva nelle sale italiane – distribuito da Minerva Pictures – prima di arrivare a giugno sulle migliori piattaforme digitali (Chili, Rakuten, Google Play, Prime Video e Apple TV). Un thriller psicologico molto attuale nel quale l’attrice è affiancata da Luciano Cáceres in un lungo confronto tra loro e con noi stessi.

 

L’apocalisse da dietro una porta

La fuga di Sara è stata inutile, è stata morsa. Ora è sdraiata sul letto in un ‘Nest’, un moderno rifugio nel quale Ivan le spiega di doverla tenere in quarantena. Lei, una ragazza di 18 anni problematica proveniente da una buona famiglia borghese, Lui, un volontario dall’aspetto anonimo e innocuo, ma che nasconde un passato oscuro. Lì dentro i due sono al sicuro e protetti dal mondo esterno, mentre fuori imperversa una epidemia che trasforma le persone in bestie feroci e irrazionali. Apparentemente nel luogo più sicuro della terra, presto dovranno affrontare insieme il fatto che la ragazza è stata infettata e si sta lentamente trasformando in uno dei mostri dai quali cercando di difendersi. Invece di eliminarla, però, Ivan decide di provare a curarla, senza sapere se riusciranno ad avere una possibilità di salvezza. Ma verità e finzione sono in bilico in una spirale di manipolazione e inganni.

Nest – Rimani al sicuro – Chi controlla il controllore?

Che fosse in partenza un film di zombi o se sia figlio della pandemia poco importa, tanto le premesse sarebbero simili, tra loro e a quelle di altri del genere (tra gli ultimi il 10 Cloverfield Lane del 2016). Più ancora delle cause del contagio o dei rischi che comporta, tutto si concentra sul rapporto tra i due protagonisti, al contempo vittime e carnefici in una situazione che gioca – si fa per dire – con il vissuto recente di gran parte della popolazione mondiale. E con paure altrettanto diffuse e universali.

Nest - Rimani al sicuro blu yoshimiUn’attenzione importante, trattandosi di una coproduzione italo-argentina (prodotta da Alba Produzioni e 3C Films Group) con ambizioni internazionali. Che l’ambientazione claustrofobica e il generico riferimento a protocolli e Apocalisse assecondano. Sono molti gli elementi lasciati nell’indefinito, non approfonditi o spiegati, forse anche oltre il consigliabile, vista la scelta – di concentrare l’attenzione sui personaggi piuttosto che sul contesto – ripagata in una prima parte nella quale la costruzione del rapporto tra i due costretti funziona e pone le basi per il successivo alternarsi dei due al centro della scena.

Tra esercizi di manipolazione, seduzione, proposte esplicite, minacce e terrorismo psicologico, Blu Yoshimi e Luciano Cáceres continuano a mettere in discussione le reciproche sicurezze, ma sia le singole fasi che si succedono sia le caratterizzazioni di entrambi appaiono incompiute. E in generale poco convincenti, nel loro continuo sfidare la sospensione dell’incredulità dello spettatore, pronto ad accettare le incomprensibili caratteristiche del virus e le incoerenti regole del “supereroe” del rifugio per andare avanti.

Un peccato, perché tanto le premesse quanto l’idea di caratterizzazione e del gioco di ruolo tra i due non erano affatto banali, e non avrebbero avuto bisogno di una serie di luoghi comuni che invece di rinnovare il genere ne indeboliscono la carica di tensione. Ma soprattutto di uno sviluppo dei due personaggi che ne estremizzasse i tratti, senza preoccuparsi di coerenza e dialoghi a sostegno. I testi, in generale, sembrano più adatti a un impianto teatrale, come si intrecciassero due monologhi contrapposti più che mettere in scena la condivisione di un dramma. Che procede per accumulo – di minacce e sottintesi, confessioni e presunti colpi di scena, aspettative e stereotipi (soprattutto relativi al femminile, oggetto di una forma d’amore tossico) – e conseguenti spiegoni, quando magari avrebbe funzionato limitarsi all’essenziale per rendere più penetrante la comunque interessante riflessione alla base, sulle nostre “contemporaneità” e “alienazione”.

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