Oxygen recensione film

Disponibile su Netflix dal 12 Maggio, l’ultima fatica del regista francese Alexandre Aja è Oxygen, un thriller claustrofobico con protagonista assoluta Melanie Laurent. Si tratta del primo film in lingua francese del regista dai tempi di Alta Tensione del 2003 e segue il risveglio della protagonista Liz in una camera criogenica, spazio angusto e con una riserva di ossigeno che diminuisce rapidamente, incerta su chi lei sia o come sia arriva li. Girato la scorsa estate nel mezzo della pandemia COVID, la pellicola ambisce a proporsi come un’opera soffocante e architettata tecnicamente di tutto punto, esaurendo tuttavia nel concreto la componente di suspense e colpi di scena raccolti lungo la via.

 

Un one-woman show con una superba Melanie Laurent

Melanie Laurent è soggetto unico dell’occhio cinematografico e restituisce una performance ottimale, che mira a sottolineare la condizione incerta e precaria della donna, attraverso svariate intuizioni registiche encomiabili, tra cui una panoramica a 360 gradi degna di nota. I primi piani fissi sul volto irrequieto della protagonista riescono a mettere in luce l’intimità insita a una vicenda che abbraccia l’universale e che, da serratamente enigmatica all’inizio, si svela nel corso dell’opera attraverso un’ indagine condotta con pochi strumenti tecnici, ma tanti ricordi. E’ il ricordo che si configura come veicolo di conoscenza del sé, come traccia immanente di un’esistenza labile che tenta disperatamente di fissarsi nel flusso incessante quotidiano, oltre una realtà futuristica marchiata da una sorte infausta.

L’esordio di Oxygen ci mostra una figura che prende improvvisamente conoscenza: il corpo è avvolto in un bozzolo, ha un tubo inserito nel braccio destro e cinghie di contenimento che ne serrano il petto. Rapidamente la donna intuisce di trovarsi all’interno di una camera criogenica ad alta tecnologia; tuttavia, non riesce a ricordare il suo nome o il suo passato e si affida a M.I.L.O, un programma di bordo programmato per monitorarla, per poter sopravvivere. Inizia cosi la sfida incessante di Liz nel capire come rimanere in vita e utilizzare la quantità residua di ossigeno in maniera ottimale, oltre al cercare di capire come sia finita in quello stato.

Oxygen: la debole linea narrativa lo rende un prodotto derivativo

Oxygen film 2021

Sebbene gli ultimi 15 anni di lavoro ad Hollywood del regista lo hanno visto impegnato in film horror, in Oxygene – la cui sceneggiatura è curata da Christie LeBlanc – il focus narrativo sembra essere il tentativo di generare un’ansia crescente soffocante. L’orologio del tempo che passa e dell’ossigeno che diminuisce ticchetta in maniera beffarda, mentre Liz cerca di contattare disperatamente il mondo esterno per ottenere risposte. Inizialmente lo stato confusionale in cui è immersa Liz risulta funzionale in termini di creazione e mantenimento della suspense, per ricostruire la storia del personaggio. La discrepanza tra realtà dei fatti e memoria fallace è rilevante alla presa di coscienza di una verità personale, più che univoca, e identitaria per il singolo. Il tutto è sottolineato da una superba prova attoriale della Laurent, che riesce a drammatizzare la situazione di panico in cui si trova la protagonista, senza inutili virtuosismi melodrammatici.

La debolezza drammaturgica della pellicola risiede nel fatto che altri prodotti precedenti hanno trovato un baricentro narrativo nell’unità spazio temporale capeggiata da un unico personaggio, che tenta di salvarsi in un contesto altamente ansiogeno. Questo è decisamente un one woman show, eppure la prestanza attoriale non è sufficiente per differenziare un prodotto che, al di là di qualche intuizione formale riconoscibile, fa leva su snodi e sviluppi narrativi poco efficaci e forzati.

Oxygen film netflixLa dimensione del mistero non riesce dunque ad essere sostenuta da una tensione significativa e non riesce a svettare completamente, se non per l’intuizione del percorso di riappropriazione della memoria di Liz, memoria nebulosa avvolta dall’ipersonno e dalla mancanza di consapevolezza del proprio essere. Una rilettura della pandemia che cerca di configurarsi come una commistione di genere ambiziosa, tuttavia derivativa e piuttosto approssimativa nel suo epilogo. Il bozzolo della crisalide che avvolge la protagonista la ricopre anche metaforicamente nel finale, che rappresenta una chiusura narrativa ulteriore, ben lontana da alcune riflessioni affascinanti, come la teoria delle emozioni, impulsi chimici che rappresentano reazioni alle esperienze e, in quanto tali, possono essere conservate come memorie muscolari e trasformate in dati.

Indubbiamente Oxygen si presenta come un prodotto notevole rispetto all’offerta ordinaria del catalogo Netflix e sostanzialmente un buon film d’intrattenimento, coadiuvato da una fotografia affascinante e da un montaggio piuttosto ritmato, che fa si che il pubblico non sappia mai troppo rispetto a Liz, piuttosto che l’indagine proceda di pari passo. Appurato ciò, le grandi rivelazioni fondamentalmente non arrivano: la sceneggiatura scopre delle carte deboli e il motivo di reclusione della protagonista appare piuttosto bizzarro e dai tratti ben poco avveniristici, a dispetto di come l’impianto filmico vorrebbe porsi.

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