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Pacifiction – Un mondo sommerso, recensione del film di Albert Serra

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Il regista Albert Serra torna nelle sale italiane dal 18 maggio con Pacifiction – Un mondo sommerso, film selezionato in concorso ufficiale al Festival di Cannes 2022. Anche con quest’ultima prova registica, resta chiaro che il suo cinema esigente rimarrà impenetrabile per il maggior numero di persone. Con le sue lunghe sequenze e i dialoghi improvvisati, Pacifiction – Un mondo sommerso riuscirà infatti a farsi amare dai cinefili che accetteranno di lasciarsi coinvolgere da questo singolare universo.

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Il cinema del futuro di Albert Serra

Albert Serra è sicuramente l’esempio paradigmatico del cinema d’autore spagnolo: non solo si è autoproclamato tale in diverse sue dichiarazioni polemiche, ma in tutta la sua filmografia troviamo uno spirito di rottura che si fa beffe dei convenzionalismi e uno stile proprio in cui la sperimentazione formale prevale sul discorso narrativo, sovvertendo così i modelli classici di produzione e rappresentazione. È quindi un figlio della modernità cinematografica esplosa nella seconda metà del secolo scorso, anche se il suo obiettivo è quello di “creare immagini inedite e fare il cinema del futuro“.

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Finora, tutti i suoi film sono stati singolari adattamenti (trasposizioni, se vogliamo essere più precisi) di classici della letteratura occidentale, sui quali si è preso grandi libertà di indagine formale: ha cercato di trasportare sul grande schermo l’essenza o l’atmosfera dei riferimenti letterari attraverso le risorse proprie del fare cinema. Le sue ultime due proposte, Liberté (2019) e La Mort de Louis XIV (2016), ne sono un ottimo esempio. Allo stesso modo, possiamo percepire in molti dei suoi lavori uno sguardo perverso sulla natura umana e una predilezione per la rappresentazione della sua decadenza.

Il suo ultimo progetto, forse il più ambizioso, prosegue su questa strada, anche se, a differenza degli altri, non è basato su alcuna opera letteraria: nella Tahiti della Polinesia francese, l’Alto Commissario della Repubblica, De Roller (Benoît Magimel), afferma la sua presenza sull’isola con un’aria da dandy e occupandosi di diplomazia con impeccabile disinvoltura, tanto con le alte istituzioni e con gli uomini d’affari, quanto con i nativi o i turisti. Tuttavia, inizia a percepire la possibile esistenza di una minaccia che destabilizza il mondo in cui vive: la riattivazione dei test nucleari sull’isola. Da questo momento in poi, accompagneremo De Roller durante una singolare esperienza onirica in cui incontra personaggi di ogni tipo per affrontare una situazione che, a poco a poco, lo sta divorando.

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Un’esperienza onirica all’insegna della paranoia

Con un paesaggio imponente ed esotico sullo sfondo, le azioni in Pacifiction – Un mondo sommerso sono risolte fuori campo, le immagini sono ambigue, i colori palpabili, i suoni suggestivi e i dialoghi si affermano più che altro come monologhi piuttosto eccentrici e carichi di ironia. Forma e contenuto sembrano scorrere come forze neutralizzanti, creando un’atmosfera enigmatica e paranoica in cui il naturale e l’artificiale si fondono. Il terreno in cui queste due dimensioni si incontrano è sempre stato un luogo che il regista ha considerato inesplorato, attraverso il quale creare immagini inedite da proporre al suo pubblico.

Concentrandosi nella visione di Pacifiction – Un mondo sommerso sembra inevitabile non ipotizzare alcuni collegamenti con eventi reali: in una società sempre più precaria e competitiva, sull’orlo della catastrofe climatica, dove le ferite della pandemia e della minaccia nucleare si stanno ancora rimarginando, il disturbo paranoico sembra essere diventato collettivo: in questo senso, Albert Serra potrebbe non avere torto quando dichiara di fare film del futuro.

Quello che lo spettatore troverà in Pacifiction – Un mondo sommerso è un thriller dai molteplici toni e storyine, che presenta una marcata radice nichilista e apocalittica. Fin dall’inizio, viene posto un mistero che serve da pretesto a Serra per affrontare in maniera satirica temi come le minacce nucleari, le cospirazioni politiche, il colonialismo, le relazioni diplomatiche, la corruzione del sistema e quanto i cittadini o i loro spazi siano dispensabili per lui. Tuttavia, questi temi si trovano nella profondità di un’esperienza onirica, quasi surreale, che richiede la piena attenzione e l’immersione del pubblico per poterne cogliere appieno il messaggio.

Pacifiction, come immergersi nel “mondo sommerso”

Per quanto il film si avvalga di una regia e sceneggiatura solide, risulterà comunque difficile immergersi nell’esperienza orchestrata da Serra. In questo senso, l’interpretazione stellare di Benoît Magimel è la chiave per far combaciare tutti i pezzi del puzzle. L’attore francese dà vita a un funzionario pubblico con molto potere e un’abilità nel creare relazioni che finiscono per avvantaggiarlo ma, come molti dei personaggi che vediamo nel corso del film, è una persona che ha a cuore solo i propri interessi. Eppure, l’interpretazione di Magimel lo rende un protagonista che ci piace seguire nella sua odissea: con molto carisma, un’eccezionale naturalezza nel pronunciare le sue battute e un’ammirevole capacità di improvvisare, l’attore ci tiene radicati nel suo viaggio per tutte le quasi tre ore di durata del film.

Farsi cullare dal piacere contemplativo di quest’opera non sarebbe possibile senza l’impressionante fotografia e il lavoro sul sound design: elementi tecnici che creano una fusione perfetta, ritraendo la Polinesia francese in tutto il suo splendore. La bellezza che risulta da questa alchimia riflette un’eccellente padronanza del linguaggio cinematografico da parte di Serra, efficace nel suscitare emozioni e nel trasportare lo spettatore nell’epicentro del caos. Questa passeggiata di quasi tre ore attraverso i paesaggi insulari della Polinesia francese risulterà innegabilmente affascinante agli occhi degli appassionati del cinema di Albert Serra e, molto probabilmente, soporifera e anche sconcertante per la maggior parte degli spettatori. Un’esperienza che mette molto in gioco intellettualmente, ma che potrebbe rendere davvero arduo l’aggrapparvisi emotivamente.

 

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