Pedágio: recensione del film di Carolina Markowicz – #RoFF18

Un ragazzo afferma la propria identità sessuale nel Brasile di oggi, tra ipocrisia e superstizione.

pedagio recensione

Carolina Markovicz porta nella sezione Progressive Cinema della Festa del Cinema di Roma il suo nuovo lavoro, Pedágio. Sceglie ancora Maeve Jinkings, con cui aveva già lavorato nel suo lungometraggio d’esordio, Charcoal nel 2022. Lì, la regista aveva confezionato un lavoro crudo, in cui la vita di una famiglia contadina, povera ma tranquilla, veniva sconvolta dall’arrivo di un boss della droga in cerca di un nascondiglio. In Pedágio, una trama da crime story si intreccia con il percorso di un ragazzo che vuole affermare la propria identità in un paese pieno di contraddizioni.

 

La trama di Pedágio

Suellen, Maeve Jinkings, vive a Cubatão, São Paulo, con il figlio diciassettenne Antonio, detto Tiquinho, Kauan Alvarenga. Lavora al casello dell’autostrada e conduce una vita grama, ma dignitosa. Da qualche tempo frequenta stabilmente Araudo, Thomás Aquino. É molto angosciata perché Tiquinho è omosessuale e lei non riesce ad accettarlo. Preferirebbe che il figlio nascondesse le proprie inclinazioni, che la imbarazzano. Il ragazzo invece, non intende rinunciare a mostrare liberamente la propria indole. Ama le dive del jazz e gira video pieni di luci, in cui mima il loro canto e si veste di rosa. Poi li posta su internet. Per cercare di risolvere quello che per lei è un “problema”, Suellen iscrive il figlio a un seminario di riconversione sessuale che promette miracoli.

Le contraddizioni del Brasile in Pedágio

Quello mostrato dalla regista di Pedagio è un Brasile pieno di contraddizioni. Una terra di verde e foresta, ma anche di inquinamento, fabbriche e autostrada – i grossi tubi, le ciminiere fumanti campeggiano in molte inquadrature. Una donna che manda avanti la casa e cresce il figlio in maniera umile, ma onesta – Suellen ci tiene a vivere onestamente – che però è disposta a tutto purché Antonio abbandoni le proprie tendenze omosessuali. Dunque, onestà da una parte, affari sporchi dall’altra. La fede religiosa, cattolica, di cui l’America Latina è intrisa, che qui sconfina nella superstizione e nel fanatismo. L’ipocrisia delle apparenze contro la ferocia della realtà.

pedagio filmUno stile eclettico e il lato umoristico dell’assurdo

Per raccontarle, Markovicz mette insieme il realismo, con la durezza di un mondo a volte spietato, e l’ironia grottesca e surreale, il dramma realistico e la crime story. Un insieme di registri che è croce e delizia del film. Inizialmente disorienta e può allontanare lo spettatore, specie quello meno incline agli esperimenti. Si rivela, infine, efficace per raccontare alcune derive della società e smascherarne assurdità e ipocrisia. Alleggerisce, poi, la crudezza del realismo. Ecco allora, la parte dedicata al seminario sulla riconversione sessuale, con un pastore, Isac Graça, che vuole somigliare a Gesù, ed ha delle tesi a dir poco creative. Il tutto risulta esilarante quanto, appunto, surreale: dalla messa in scena, ai dialoghi, ai gesti. Al netto del disorientamento, si tratta di un modo per mettere alla berlina certa ipocrisia cattolica e talune tesi, che ancora considerano l’omosessualità una malattia da curare ad ogni costo.

Pedágio, un inno alla libertà

Il film, però, oltre che cercare, e infine trovare, un difficile equilibrio tra le proprie anime, si regge sull’interpretazione di Kauan Alvarenga e la figura di Antonio, un ragazzo che, in una realtà spesso falsa e ipocrita, dove apparenza non fa rima con sostanza, sembra riportare un po’ di buon senso e normalità. È un giovane con la testa sulle spalle, va a scuola, si preoccupa che la madre non frequenti uomini poco raccomandabili. Porta, certo, anche il suo estro, i suoi colori, le luci pastello, i vestiti sgargianti, le canzoni delle dive del jazz. Dice però, in questo modo, chiaro e forte, che vuole poter essere sé stesso. Lo afferma con sicurezza, in modo assertivo e tranquillo. Lo sostiene il giovane interprete con una prova d’attore mai sguaiata, ma sempre consapevole e calibrata, nella quale si percepiscono orgoglio e fierezza. Pedágio è un lavoro in cui convivono momenti esilaranti accanto ad altri, in un certo modo poetici e potenti. Un inno alla libertà e al tempo stesso uno spaccato aspro di mondi spesso poco conosciuti.

- Pubblicità -
RASSEGNA PANORAMICA
Scilla Santoro
Articolo precedenteBussano alla porta arriva su SKY e NOW
Articolo successivoFesta del Cinema di Roma 2023: tutti i vincitori della 18° edizione
Scilla Santoro
Giornalista pubblicista e insegnate, collabora con Cinefilos.it dal 2010. E' appassionata di cinema, soprattutto italiano ed europeo. Ha scritto anche di cronaca, ambiente, sport, musica. Tra le sue altre passioni, la musica (rock e pop), la pittura e l'arte in genere.
pedagioPedágio è un lavoro in cui convivono momenti esilaranti accanto ad altri, in un certo modo poetici e potenti. Un inno alla libertà e al tempo stesso uno spaccato aspro di mondi spesso poco conosciuti.