Un coro alpino in dialetto veneto ci
accoglie: riprese aree di una provincia fatta di capannoni
industriali, autostrade, campi e fango. In mezzo a questo deserto
industriale, c’è un hotel, un oasi di cemento e cloro, attorno al
quale ruota la storia. Un borgo nel quale la vita quotidiana delle
due protagoniste prende vita: tra l’ignoranza la noia, nasce la
Piccola Patria di Alessandro
Rossetto.
Luisa e Renata sono due ragazze di provincia, cresciute tra fattorie e fabbriche perse nel destino comune di chi si è arreso alla vita. Sotto pagate per fare le pulizie nel grande hotel del borgo, loro in realtà cercano un modo per sfuggire dalla banalità della provincia, sognano la Cina e sono disposte a tutto per cambiare il corso delle cose. Luisa è piena di vita, ancora bambina nell’ingenuità e nei modi di vivere. Renata invece è arrabbiata, ha capito che il suo corpo è un arma e ha forse dovuto fare i conti con la realtà troppo presto nella vita. Durante una calda estate le vite delle due ragazze si incontreranno e scontreranno con un ricatto, una storia di vendetta e tradimento, rischiando di perdersi, in tanti sensi.
Una società decadente quella raccontata da Rossetto. Giovani senza morale, senza esempi da seguire o obbiettivi nella vita. Che si ritrovano a vivere vite che non vorrebbero, arrabbiati e con l’inutile fame dei soldi, o meglio degli “schei”. Comunità bloccate e schiacciate tra la vecchia realtà contadina e il progresso industriale. Donne sottomesse e uomini abbrutiti e rassegnati ad una vita di sacrifici. Il regista ci forza a criticare e giudicare quel modo di vivere, mostrando in tutta la sua cruda realtà il vuoto delle giornate, i raduni degli indipendentisti e improbabili feste a tema texano (tutto avvenuto sul serio, dove Rossetto ha ambientato le sue scene). Ci forza a calarci nei panni delle due ragazze facendoci vedere la vita della provincia attraverso i loro occhi giovani e affamati di vita.
Il lungometraggio Piccola Patria è fatto di silenzi, di sguardi e di corpi. Si nota la cifra documentaristica del regista, che attraverso suggestive riprese aeree configura il territorio come primo personaggio della storia. Tanto spazio alle sensazioni e alle intuizioni che lo spettatore riceve dalle immagini, dalle parole, pesate e distribuite con il contagocce. Una reale realtà ottenuta anche grazie al dialetto veneto, usato in modo diretto e continuo, che si fonde con l’albanese dei tanto temuti extracomunitari.
Rossetto si affida alle esordienti
Maria Roveran e Roberta Da Soller
per portare avanti questo grido d’aiuto della provincia,
accompagnate da Diego Ribon, Vladimir
Doda, Lucia Mascino e Mirko
Artuso. Per quanto la pellicola sia interessante e questo
sia punto di vista diverso e un nuovo modo di approccio per il
cinema italiano, la provenienza di Rossetto dal documentario si
sente troppo nel minutaggio, perdendo un po’ per strada la trama e
lasciando all’immaginazione e alle sensazioni dello spettatore
troppe situazioni.
Al cinema dal 10 Aprile 2014.
Leggi anche
Conferenza Stampa del film Piccola
Patria