Rasputin – la verità supera la leggenda: recensione

Rasputin – la verità supera la leggenda

Rasputin – la verità supera la leggenda – La sua storia è avvolta nella leggenda, nella diceria e soprattutto in quello che la Storia ha permesso si sapesse di lui fino a questo momento: stregone, diabolico monaco, lussurioso e abbietto, ma magico taumaturgo. Questo è Rasputin. Ma cosa succede se si va ad indagare la vera natura del personaggio storico, al di là della leggenda?

 

Rasputin – la verità supera la leggendaLo ha fatto Louis Nero, che con il suo ultimo film Rasputin – la verità supera la leggenda, ha raccontato in maniera personale e forse sperimentale una storia che nessuno prima aveva mai raccontato. Le origini contadine, il percorso personale legato all’esoterismo, la continuità nel mettersi alla prova davanti alla tentazione, la grande amicizia con i Romanoff e l’omicidio che l’ha visto annegare nel fiume Neva nel 1916.

Tutti i passaggi della sua vita sono rispettati, raccontati attraverso lo strumento narrativo del flashback e utilizzando un sistema visivo raffinato e pop allo stesso tempo, ovvero l’introduzione nel quadro di vere e proprie finestre temporali che ci aiutano ad intersecare i piani narrativi ed ha sentire tutti i punti di vista relativi a chi conobbe Rasputin in vita. L’estetica del film, che per certi versi ricorda il Greenaway di Rembrant J’accuse, si rifà ad una tradizione pittorica che dai russi arriva fino a Rembrant (appunto!) e Caravaggio, prediligendo il piano sequenza fisso e la suggestione che questa figura così complessa e misteriosa proietta ancora oggi sulla spettatore e sulla storia stessa.

Rasputin – la verità supera la leggenda

altFrancesco Cabras interpreta il monaco siberiano, prestando il suo viso emaciato e spigoloso al ruolo e provocando vera e propria inquietudine con il suo sguardo in macchina, ghiacciato ed incavato, ad indagare dentro lo spettatore e sempre rivolgendosi per primo a lui e poi agli interlocutori diegetici. Rasputin è un film spiegato al pubblico, raccontato dagli stessi personaggi che ci raccontano dalle loro finestre aperte sul passato, una vita misteriosa anche per coloro che l’hanno condivisa con il nostro protagonista, e che con il passare del tempo si è oscurata ancora di più fino a rasentare la leggenda. 

Voce narrante, che ipnotizza lo spettatore ancor più dello sguardo di ghiaccio del protagonista, è quella di Franco Nero, anche co-produttore, che ci permette di addentrarci nelle lande siberiane fotografate di blu dallo stesso Luois, e di accoccolarci negli angoli degli interni che invece si tingono del rosso della passione, del sangue, ma anche della misteriosa vita che viene raccontata.

Certo non si può parlare di un film tradizionale, come già accennato siamo ai limiti dello sperimentalismo, e sicuramente quindi il filma avrà vita difficile, ma questo Rasputin riesce comunque a farsi apprezzare se non altro per il tentativo da parte del regista di rimettere in discussione questo personaggio e per la straniante sensazione che il film lascia nello spettatore.

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