American Zero – South
African Hero con questa frase può essere riassunta la vicenda
di Sixto Rodriguez, cantante folk di Detroit, ma
originario del Messico, che all’inizio degli anni70 provò a
sfondare nel mondo della canzone d’autore ma senza risultati,
almeno negli Stati Uniti. Perché, mentre i produttori americani pur
impressionati dal suo talento lasciavano perdere l’ardua impresa di
farlo piacere al pubblico yankee, in Sud Africa Rodriguez guidava
con le sue canzoni (e a sua insaputa) il vivace movimento giovanile
che in quel periodo lottava contro l’apartheid. Canzoni come
Estabilishing Blues o I Wonder diventarono manifesto
di un intera generazione senza però che i fan sapessero nulla del
loro cantante preferito e viceversa. La storia raccontata dal
documentario Searching for Sugarman di
Malik Bendjelloul parte da questo mistero. I due
album registrati da Rodriguez infatti diventarono con gli anni
patrimonio di ogni Sudafricano: “In ogni casa c’era una disco
dei Beatles, uno degli Stones e poi Rodriguez. Ma nessuno di noi
sapeva davvero chi lui fosse”. Questo il racconto di Stephen
Segermen, fan e proprietario di uno dei negozi di dischi di Cape
Town che contribuì alla diffusione di quelle canzoni così ispiranti
per lui e i suoi coetanei. E da questi misteri inizia la sua
ricerca sulle tracce dello sconosciuto Sugarman. Studiando i testi
delle canzoni, osservando minuziosamente le copertine dei dischi,
inondando di lettere e telefonate redazioni di giornali, case di
produzione e tv americane.
Il documentario, uscito negli Stati Uniti nel 2012 e vincitore dell’Academy Award nell’anno successivo, è in Italia solo da pochi mesi e resiste imperterrito in poche ma tenaci sale cinematografiche che ogni sera si riempiono di curiosi, attratti dall’enorme passaparola che è circolato intorno a questo piccolo gioiello del cinema documentario. Trasmesso qualche settimana fa dalla piattaforma satellitare Sky (non a caso sul canale Sky Arte) ha registrato un ottimo seguito. Ciò che forse attrae di più di questa storia, oltre alla colonna sonora stupefacente e al mistero che per la maggior parte del film aleggia intorno alla figura di Rodriguez, è la visione nuova e controcorrente che l’autore riesce a dare dell’artista. Molte infatti erano le leggende che circolavano su di lui, che in quanto artista doveva necessariamente essere problematico, e per questo irraggiungibile. “Si è ucciso con un colpo di pistola” oppure “Si è dato fuoco durante un concerto, ed è morto di fronte al pubblico. Per questo non fa più dischi”. L’immagine collettiva lo voleva “pazzo come tutti i geni” e invece questa storia (e soprattutto il suo finale, che non sveleremo) ridà una nuova dignità alla figura dell’artista: sereno, impegnato, intelligente soprattutto quando sicuro di sé e del proprio valore.