Street Dance 2: recensione

Street Dance 2

Sulla scia dell’incomprensibile successo di Street Dance, film inglese del 2010, Max (Giwa) & Dania (Pasquini) continuano a cavalcare l’onda dei film sulla danza e raddoppiano portando sugli schermi uno Street Dance 2 che, del prodotto originale, conserva praticamente solo il titolo e la sciatteria della sceneggiatura.

 

In Street Dance 2 il protagonista Ash (Falk Hentschel), uno streetdancer che per vivere vende pop-corn, decide, insieme al suo amico e manager Eddie (George Sampson), di ingaggiare i più grandi ballerini d’Europa per formare un nuovo gruppo in grado di battere la migliore dance crew in circolazione, i Surge. Il loro girovagare alla ricerca di talenti, però, si arresta con i titoli di testa, poiché, una volta arrivato a Parigi, Ash incontra Eva (Sofia Boutella), una bellissima ballerina di salsa che lo fa innamorare e che gli mostra la via per vincere la sfida finale con i rivali: fondere la streetdance e i balli latino americani. Inutile dire che i due non solo diventeranno compagni di vita ma, superando diversità e paure, usciranno vincitori dall’arena e vivranno felici e contenti…

La vicenda, oltre ad essere di una banalità sconcertante e totalmente prevedibile, è portata in scena in modo assolutamente inadeguato: i personaggi si muovono come burattini, le azioni che compiono non sono motivate in alcun modo e i dialoghi sembrano appiccicati in maniera casuale come se fossero degli intermezzi, scomodi ma necessari, tra un ballo e un altro.

L’impressione generale, alla fine, è quella di aver visto un lunghissimo videoclip e che la storia serva soltanto da pretesto per mostrare le straordinarie doti, innegabili, dei ballerini e soprattutto dei coreografi (Richmond ed Anthony Talauega e Maykel Fonts). Tutto il film, infatti, non è altro che un susseguirsi di piccoli pretesti che portano, come conseguenza inevitabile, ad una serie di performance di danza. Del resto la colonna sonora, che fa meritatamente da co-protagonista, è composta da ben ventisei tracce e rende superflue le parole.

Visivamente, grazie al 3D e a una fotografia piuttosto curata, l’effetto è interessante e probabilmente per gli amanti del ballo in generale, o della street dance e del latino americano in particolare, uno spettacolo di danza di un’ora e mezza al prezzo del solo biglietto del cinema è una vera gioia per gli occhi. Per tutti gli altri, invece, il film è solo l’ennesimo prodotto scadente, figlio, più che del mondo della danza o della strada, di quei talent show che trasformano e riducono in “sfida” ogni genere di espressione artistica e che usano il grande schermo come cassa di risonanza. Sarebbe stato più apprezzabile, a questo punto, un film fatto solo di immagini e musiche: nessuna storia insipida, nessun dialogo insulso, solo la potenza della musica e della danza. Per fare qualcosa di diverso, però, ci vogliono coraggio, voglia di rischiare al botteghino e amore per il cinema e per i nuovi linguaggi… e qui, purtroppo, mancano tutti e tre. Da evitare.

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