Così come la teoria degli opposti insegna, in campo amoroso i contrari sono destinati ad attrarsi. Arnaud e Madeleine hanno davvero poche cose in comune, una manciata di anni sulle spalle (venti) e un futuro incerto. Il primo è impegnato insieme al fratello nell’azienda di legnami ereditata dal padre, all’orizzonte un’estate piatta e tranquilla fatta di mare e lavoro. Benestante e viziata, invece, la seconda, tremendamente appassionata di forza fisica e profezie catastrofiche: non fa altro che attendere l’apocalisse e prepararsi ad essa, allenandosi e bramando una vita militare. Proprio una campagna di reclutamento dell’esercito francese li fa incontrare e scontrare, fra scazzottate e morsi della prima ora.
Nonostante le linee di
trama possano far pensare a una comune commedia romantica, l’opera
prima di Thomas Cailley va subito ben oltre
pescando elementi da generi diversi e disparati. Spaziando dal
romanzo di formazione al dramma apocalittico, Les
Combattants – tradotto in italiano The
Fighters Addestramento di Vita – è una finestra
aperta sulla giovinezza più scanzonata, ribelle, fiera e
presuntuosa, desiderosa di scontrarsi con la vita e gli eventi.
Giovinezza osservata da un punto di vista decisamente moderno
che rovescia il pensare comune – ormai datato – dell’uomo virile e
della donna debole: Arnaud è infatti un ragazzo fragile, guidato
dai sentimenti, Madeleine è al contrario fredda e statuaria,
irremovibile e spesso insensibile.
Il percorso dei due
protagonisti prende le sembianze di una ricerca disperata di
autonomia, di libertà in senso ampio e materiale, un cammino
lontanissimo dalle convenzioni, dai binari sui quali i fattori
sociali ci costringono talvolta a procedere. Una conquista tanto
importante richiede però sacrificio, dedizione e un pizzico di
irresponsabilità, senza escludere l’onestà di riconoscere i propri
limiti e accettare i fallimenti, quando per forza di cose vi si
inciampa. Il giovane regista francese classe 1980 racconta tutto
questo non solo tramite una sceneggiatura ben scritta (a quattro
mani con Claude Le Pape) e ricca di battute
taglienti, messe soprattutto in bocca al personaggio di Madeleine,
anche tramite delle atmosfere quasi ‘surreali’ come intere foreste
a un passo dalla civiltà, paesi fantasma e una punteggiatura
filmica del tutto anarchica.
A spezzare le scene infatti nessuna partitura sinfonica a mo di tappeto, bensì musica elettronica originale a volume sfrenato. Un’ottima prova che ha conquistato pubblico e critica francese, sino alla consacrazione di tre fondamentali premi Cèsar durante l’edizione 2015: miglior attrice Adèle Haenel, nonostante la sua recitazione cantilenante e il suo fare scontroso non convinca in molti, miglior attore emergente Kévin Azaïs, che ha davvero un futuro roseo in patria e non solo, e migliore opera prima. Certamente un inizio di carriera di carattere, che fa ben sperare per il prossimo futuro.