The Leisure Seeker: recensione del film #Venezia74

The Leisure Seeker

Due anziani coniugi, Ella (Helen Mirren) e John (Donald Sutherland) decidono di sfuggire dalle attenzioni apprensive-oppressive dei figli per compiere un lungo viaggio attraverso l’America a bordo di un camper con cui andavano in vacanza negli anni settanta. The Leisure Seeker è il nome che hanno affettuosamente dato al veicolo. Lui è malato di Alzheimer, la memoria lo abbandona di continuo, mettendolo nelle condizioni di dover essere sorvegliato continuamente, anche se il suo fisico è ancora forte. Insieme però riescono ad andare avanti, compensandosi e completandosi, come fossero una persona sola. Il viaggio sarà l’occasione per conoscersi ancora meglio e colmare quelle lacune e tutte quelle cose in sospeso, piccole e grandi, che ineluttabilmente si accumulano dopo una vita vissuta assieme. The Leisure Seeker è per Paolo Virzì il primo film interamente girato negli USA in lingua inglese, anche se in passato aveva già compiuto un’incursione sul suolo americano con My Name is Tanino (2002). È tratto dal romanzo omonimo di Michael Zadoorian.

 

Virzì dirige due autentici mostri sacri, due attori del calibro di Helen Mirren e Donald Sutherland. Lo fa con mano ferma e grande sensibilità, costruendo una coppia di navigati anziani coniugi in grado di passare disinvoltamente e con grande intelligenza da un registro recitativo all’altro, commuovendo, divertendo, facendo riflettere, creando apprensione e grande empatia. Il film è tutto sulle loro spalle, per quasi due ore, e lo sostengono con vigore, non lasciando mai trasparire fatica o forzature.

The Leisure Seeker

Paolo Virzì dice: “Mi sembra che ne sia venuto fuori un road movie sulla libertà di scegliere ogni istante della propria vita, con la semplicità di una canzone. Una ballad buffa e triste, con qualcosa di irragionevole e di pazzoide, ma vitale e felice”. E in questo è assolutamente riuscito, senza ombra di dubbio. Il film è perfetto, un vero ricettacolo di emozioni e sentimenti. Ma la sensazione finale è comunque strana, è come se il film lasciasse in una condizione di irrisolto, come se si volesse qualcosa di più, ma non si riuscisse bene a capire cosa. Semplicemente latita uno sguardo personale, una caratterizzazione maggiore, cosa che comunque potrebbe anche essere una scelta strategica, vista la sua prima prova con un sistema produttivo differente e così esigente. Nonostante la sua altissima professionalità, la sua regia ineccepibile, l’ orchestrazione perfetta di tutto il cast artistico e tecnico, manca quello sguardo personale con il quale l’autore livornese si è imposto fin dall’inizio, film dopo film. Certo, il cinema di Virzì e le sue relative caratterizzazioni  autoriali sono fortemente legate a un contesto italiano, ma dove sono quegli stilemi che aveva cominciato a disseminare a partire da La bella vita (1994) passando per  Ovosodo (1997) e Caterina va in città (2003), fino ad arrivare a Tutta la vita davanti (2008), La prima cosa bella (2010) La pazza gioia (2016)?

In The Leisure Seeker manca un po’ di Paolo Virzì in più.

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